Eclissi di luna
21 gennaio 2019: Ostana, valle Po
Salutato di sguincio un tasso imperturbabile alla colletta di Paesana, ho parcheggiato da poco a Pian del Charm, dove finisce l'asfalto; sono in attesa che la luna, alle spalle del Monviso, sia inghiottita dal cono d'ombra della Terra. Ancora ne resta uno spicchio al sole. Dal basso arriva un collega, più ricco, più sedentario e più taciturno di me. Individuato il primo piano, faccio due passi per far fluire sangue alle mani dolenti, perché nonostante i dopppi guanti stanno patendo l'escursione termica.
Compiuta la missione, scendo verso Miriquiri con il riscaldamento a palla. Due vecchi da una piazzola della strada stanno ammirando la sanguigna luna con un binocolo. Un gruppo di caprioli mi attraversa la strada a pochi metri; mi fermo e spengo gli abbaglianti per non spaventarli troppo. Parcheggio; il collega mi oltrepassa e scende a valle. Vado alla chiesa di San Nicolao, una rude costruzione su una balza rocciosa, posizione dominante tipica degli edifici religiosi medievali, spesso eretti in sedi elette da precedenti culti animisti della natura. Lungo la via metto in agitazione, con la luce della mia pila, degli occhi che la riflettono nel buio: ancora caprioli, deduco dal timbro del fremente scalpiccio nel sottobosco. La spengo e si fermano. Il tempo dedicato a una foto senza sugo consuma gli ultimi minuti di eclissi. Ormai la notte è lacerata da una sottile lama luminosa, sull'orizzonte a sud-est.
Bevuto un sorso di tisana calda, torno verso una casa che avevo adocchiato per le foto dell'aurora. Su un poggio nei pressi, mi avvedo di un pilone mariano marchiato con QR code, accanto a una croce ai caduti in metallo reticolare; nella notte mi erano sfuggiti. Alla fine li tralascio e come ancella del Monviso inquadro San Chiaffredo, che scorgo per caso gironzolando nell'attesa della luce. Da qui capisco che fu edificata esposta ai primi raggi mattutini invernali, che non raggiungono invece Crissolo, il paese vicino. Le solite nubi avvinghiate al Beigua ritardano il sorgere del sole e lo fanno spuntare già arancio.
Terminate le foto, faccio colazione seduto su una pietra, godendomi il sole del primo mattino: mi sembra tiepido, nonostante nemmeno sciolga la brina. Arrivederci al 31 dicembre 2028, cara luna di fuoco gelido, magari sul San Giorgio.
27 luglio 2018: colle della Maddalena, valle Stura di Demonte
Il piazzale di ghiaia è affollato di camper, come già lo erano altri a valle. A lungo ho atteso questa eclissi di luna e sono andato alla ricerca di un luogo adatto a riprenderla. Una serie di accidenti e imprevisti mi ha infine condotto su questo colle solcato da centinaia di TIR ogni giorno. Ceno piacevolmente al rifugio simpatico e senza consecutio, mezzo in Italia e mezzo in Francia, prima di guidare verso la scelta obbligata per l'aurora lunare. La luna sorgerà quasi eclissata, in fondo all'infilata della valle.
Quando vi giungo, il mio poggio panoramico è immerso nella nebbia, che risale dal basso e vi si appiccica. La reazione impulsiva è di fare inversione, senza neanche scendere dall'automobile, all'ansioso inseguimento dell'alternativa studiata nel pomeriggio. Sono appena ripartito, quando un lupo magro e solitario precipita maldestramente dalla massicciata, pochi metri davanti alla mia auto. Mi fermo per non spaventarlo ulteriormente e lo lascio dileguare. È chiaramente un individuo in dispersione, che non è riuscito a inserirsi in un branco. Senza un territorio definito, sembra tuttavia già adulto e quindi avvezzo a cavarsela da solo. Qui ci sono molte marmotte e un po' di brezza: se sarà fortunato e scaltro, riuscirà a sorprenderne una sopravvento.
Mentre mi apposto nel luogo di riserva, osservo che la nebbia si sta dissolvendo: rimbalzo pertanto al poggio come quel finto ingegnere di Kiarostami, che passa il film a guidare trafelato su e giù per la collina. Solo stavolta mi accorgo che c'è un gregge di pecore chiuso in un recinto, nei pressi del posto scelto. Forse il lupo si era avvicinato, ma era stato respinto dai cani e scappava impaurito e goffo. Punto l'obiettivo dove sorgerà la luna e aspetto. Dal nulla arriva a piedi un ragazzo con un bastone da selfie, si fotografa davanti alla valle e si scompare nel nulla. Sorge quindi la luna quasi tutta eclissata; le scatto prima un ritratto ambientato e poi un primo piano con le nuvole. Torno al colle appagato e nel crepuscolo la fotografo di nuovo, rossa come Marte che è sorto dall'Argentera; faccio da cicerone ad alcuni camperisti, sorpresi che il pianeta rosso sia visibile dalla Terra.
Felice per la riuscita della prima parte e in attesa del buio, torno al rifugio, dove stanno gentilmente scacciando i tiratardi per poter finalmente andare a dormire. Brindo con una birra piccola sulla terrazza, solitario come il lupo, prima di salutarli definitivamente e scomparire nella notte tiepida.
La luna e Marte intanto si sono alzati. Dalla statale individuo due larici su un dosso, che mi possono servire come primo piano, e risalgo una stradina bianca alla ricerca del punto di vista migliore. Lo trovo accanto alla tenda di due ragazzi, i quali per fortuna non sono ancora giunti al momento più romantico. Sentendomi si sporgono e mi accolgono volentieri: mi dicono di aver visto una volpe e io racconto loro del lupo stradale.
Ci lasciamo alle nostre solitudini e mi dirigo a valle diretto ai piedi del Bersaio, una fotogenica montagna dolomitica. Riesco a fotografarlo proprio mentre il primo filo di luna sta uscendo dal cono d'ombra. In compenso scopro con grande scorno che il campanile della frazione vicina è troppo luminoso, per poter essere fotografato insieme alla cima e alle stelle, anche dopo la fine dell'eclissi. Analoga amara epifania mi aspetta nella borgata olimpica, che si affaccia su un'imponente parete rocciosa. Non riesco proprio a capire perché la gente non sappia apprezzare le luci tenui della luna e delle stelle, ma voglia un giorno sintetico anche di notte; forse sono gli stessi che fotografano le montagne a mezzogiorno, senza ombre. Per fortuna c'è Santa Maria di Morinesio.
Indeciso sul da farsi, penso sia ancora presto per arrendermi e torno al colle. A fine uscita avrò guidato per 370 chilometri, più della metà mentre avrei dovuto dormire. Purtroppo delle velature hanno coperto buona parte del cielo e delle stelle, appiattendo anche la luce. Provo uno scatto a una cappella, ma poi desisto e ripiego, rinunciando all'aurora al lago di Sant'Anna. Verso valle alcuni gruppetti, vestiti di giubbotti catarifrangenti, camminano lungo la statale senza banchina e si fanno depilare dal TIR che tallono. Eppure esiste una strada alternativa. Che sia un nuovo sport estremo?