Piani del Nivolet
Parco del Gran Paradiso
«Partenza da Bastalon alle ore 10. Verso il colle del Nivolet. Dal colle mi attrare il panorama e i camosci che passeggiano sulla neve vicino al Savoia e verso il Lago Nero: sembrano piccole formiche in un deserto, tanto è vasto l'altipiano del Nivolet.»
«Nonostante sia già il mese di maggio, nell'alta Valle la neve è ancora assai alta. Al Nivolet, l'albergo Savoia non si vede ancora. Si notano solo i comignoli sul tetto.»
«Al di sopra le baite del Nivolet, in una tana di marmotte, si nota che in questi ultimi giorni di luglio, le marmotte hanno tirato fuori il vecchio giaciglio invernale. Ciò avviene tutti gli anni. In quel giaciglio si notava paglia di ségale che certamente lo stesso autunno fu presa dalle baite del Nivolet, situate a circa 200 metri sotto. Inoltre hanno tirato fuori più di mezzo metro cubo di materiale, compostio in prevalenza di sassi, ed alcuni di essi raggiungono oltre i due chili di peso.»
«Visto due comunemente detti “marocchini”, con tanto di tappeti in spalla, attraversare il piano del Nivolet tra i numerosi turisti. Oggi è il 1 agosto 1989.»
A. Segala (a cura di), Le ore della luna - i diari segreti dei guardiaparco del Gran Paradiso, Trento 1992.
Il Nivolet è una zona di grande pregio naturalistico del Parco del Gran Paradiso, formata da pianori, laghi e zone umide. Si trova a una quota di circa 2500 m, al confine tra Piemonte e Valle d'Aosta. Dal lato piemontese è raggiunto da una strada aperta al traffico da giugno a ottobre, costruita negli anni Cinquanta e Sessanta a servizio di alcune dighe. Per qualche motivo, chi va in montagna senza allontanarsi dall'auto, sale quasi sempre fino a dove finisce la strada. Per questa ragione, nelle domeniche estive si raduna qui una folla tale, che negli ultimi anni si è resa necessaria una seppur blanda regolamentazione del traffico, per preservare la natura e non trasformare la zona in un gigantesco parcheggio da centro commerciale. A ciò va aggiunto l'impatto paesaggistico di una linea ad alta tensione, che porta in Italia l'energia in eccesso prodotta dalle centrali nucleari francesi.
Naturalmente c'è anche chi viene per camminare, perché da qui si può comodamente salire ad alcuni panoramici Tremila. Ci vengono anche molti fotografi in cerca di scenari di alta montagna a portata di mano. Neanche io mi sono tirato indietro. Solo una volta ci salii a piedi, a fine ottobre, quando la strada era chiusa e ci arrivai per la vecchia mulattiera. In alto c'era già la neve e il freddo serale era penetrante. Di quella sera mi ricorderò soprattutto però la pattuglia dei carabinieri che mi inseguì, vedendomi arrivare di notte dal parcheggio che c'è alla sbarra. D'inverno normalmente i piani non sono raggiungibili, perché la via di accesso è esposta alle slavine. Solo in primvaera, a neve assestata, si può salire.
Ci sono poi molti animali, sia domestici che selvatici. La sera si possono vedere i grandi branchi di stambecchi maschi senza harem radunarsi nelle conche erbose a pascolare. Numerosissime le marmotte. Di notte, lungo la strada di accesso, si vede sempre qualche volpe. C'è anche un alpeggio con vacche e pecore.
Concludo con una chicca per cinefili: avete presente “The Italian Job”, un film inglese del 1969 girato a Torino, con Michael Caine e Benny Hill? È famoso per alcune surreali scene di fuga con le Mini. La parte conclusiva si svolge ufficialmente sulla strada del Gran San Bernardo, ma a bordo strada si vedono i precari guard-rail che c'erano ancora negli anni Novanta al Nivolet. Inoltre, quando scorrono i titoli di coda e l'inquadratura si allarga, si riconoscono chiaramente le dighe Serrù e Agnel.
Le foto sono ordinate in base alla distanza dalla strada carrozzabile: quelle scattate da lì vengono per prime.