Pian del lupo
Valle Pesio
Non mi sono addormentato da molto, quando suona la sveglia per il tramonto lunare delle 2.30. Nei rifugi affollati si fa sempre fatica a prendere sonno, per l'inevitabile trambusto di chi entra ed esce dagli stanzoni e il vociare di chi non ha programmi per la mattina presto. Per fortuna sono molto lesto a spegnerla, prima che possa svegliare qualcun altro, altrimenti i miei compagni di stanza che devono alzarsi alle 5 mi lancerebbero contro una piccozza. Questa è la stagione migliore per salire i canaloni dei Torinesi e dei Genovesi, fino a quando non fonde le neve trasformata e non bisogna arrancare sugli sfasciumi calcarei. Bisogna però salirli la mattina molto presto, prima che il caldo ammolli la neve.
In silenzio mi vesto, afferro la borsa fotografica e scendo nel deposito degli scarponi, dove ho anche lasciato il cavalletto. Uscendo, con disappunto scopro che il faro del rifugio è molto luminoso. Serve a renderlo individuabile anche di notte al Soccorso Alpino o ad eventuali alpinisti attardatisi, ed è perciò un male necessario, ma per un fotografo lunare come me è una iattura. La luce è così intensa che faccio fatica a capire quanto e come la cima del Marguareis sia illuminata dalla luna. In ogni caso, vado a sistemare il cavalletto nel punto prestabilito e faccio un po' di esperimenti con l'esposizione, per capire come gestire il bagliore del faro. Parto poi con gli scatti che mi serviranno a creare lo startrail. Nei quaranta minuti che seguono, ho tutto il tempo per un po' di contemplazione. Il quarto di luna sempre più fioco è quasi all'orizzonte e la mia ombra lunghissima; ancora poco e lo vedrò scomparire dietro il monte Iurin. Potrò così tentare qualche scatto alla Via Lattea, che già si intravede verso sud. Quando torno a letto sono quasi le 4. Ho un'ora di riposo, prima di poter fare qualche scatto mattutino.
Ero salito la mattina precedente, tra i nuvoloni che s'addensavano. Mi ero anche rifugiato nella baita vuota di un pastore, mentre tuonava, e avevo mangiato seduto sul suo sgabello da mungitura. Poi però non era successo nulla e solo a metà pomeriggio, quando ero già in rifugio, era caduto un rovescio. Il pianoro attorno è pieno di fritillarie, con la compagnia di fiorellini bianchi sconosciuti e anche qualche orchidea. Furbescamente non ho messo nello zaino il libro sulla vegetazione delle Alpi Liguri. C'è anche un orto botanico, dedicato a Burnat e Bicknell, i due naturalisti che descrissero la vegetazione di queste montagne tra nella seconda metà dell'Ottocento. Nei magnifici boschi di faggio e abete bianco lungo la salita, avevo invece visto degli enormi fiori di Aquilegia atrata. Questa porzione mediterranea dell'arco alpino ha una biodiversità molto superiore a quella delle Alpi Occidentali, sia per fattori climatici che pedologici. Anche la fauna non è da meno: in valle vive stabilmente una coppia di lupi alpha, a capo di un branco per un totale di sei animali. Con i mammiferi però la sorte sarà per me più avara: vedrò solo uno sfortunato cucciolo di cinghiale, con la livrea ancora a strisce, che, perso il contatto con la mamma, vaga mesto e condannato attorno al gias Fontana. I cervi dell'Osservatorio Faunistico non contano.
Il tramonto coincide con la cena, che si protrae a lungo per l'affollamento del rifugio. Dopo il secondo, imploro i compagni di tavolo, quattro alpinisti del CAI di Legnano diretti al Don Barbera, di non mangiarmi il dolce ed esco a fotografare. Non sono il solo a farlo, perché c'è quasi una processione per riprendere il Marguareis tinto di giallo. Speravo in qualche nuvola, ma la sera è così limpida e la luce così bella che non importa. Poi, mentre i miei compagni di tavola giocano a carte sorseggiando il genepy, vado a fotografare il crepuscolo.
All'alba, vedendo quelli che fanno colazione nel turno delle 5.30, mi viene l'idea di fotografare gli alpinisti diretti ai canaloni. Vado perciò oltre la dorsale, dove il sentiero si inoltra nel vallone del Marguareis, e mi piazzo in un punto strategico. Con i primi due passaggi sono sfortunato, perché avvengono prima del sorgere del sole. Poi più nessuno. Ho ormai desistito e sono tornato al rifugio, quando vedo che due si stanno ancora preparando. Corro perciò al punto di prima e mi apposto nuovamente. Dopo una snervante attesa, in cui non sembrano arrivare mai e temo che siano andati da un'altra parte, finalmente passano con la piccozza bene in vista, mentre i picchi sono tinti di arancio.
La missione è compiuta. Resta da allungare la discesa con una deviazione al passo del Duca, per affacciarmi sulla Conca delle Carsene, già verde ma ancora chiazzata di neve. Mi mischio infine ai tanti merenderos quando vado a vedere la cascata del Pesio. Tuttavia di questo poco importa.
Riferimenti
B. Gallino, G. Pallavicini La vegetazione delle Alpi Liguri e Marittime, Peveragno 2000.
Marucco F. e Avanzinelli E. (2017): Lo Status del lupo in Regione Piemonte. In:Marucco et al. (2017). Lo Status della popolazione di lupo sulle Alpi Italiane e Slovene 2014-2016 Relazione tecnica, Progetto LIFE 12 NAT/IT/00080 WOLFALPS – Azione A4.