Sono un grande amante della pubblicità, che ritengo l'evoluzione dei grandi cicli pittorici religiosi delle nostre cattedrali: diffondono infatti tra le persone comuni le credenze e i valori consumistici che aggregano la società attuale, come Giotto e Michelangelo divulgavano al popolo le narrazioni fondative della società cristiana.
Per questo ho scandagliato i vecchi bollettini nazionali CAI, che da qualche tempo sono disponibili online, attraverso il (rudimentale) motore di ricerca http://www.tecadigitalecai.it/periodici/index.php, alla ricerca di reclame dirette agli alpinisti, ma che nel contempo raccontassero la società di quel tempo. Mi affascianano le pubblicità dei tempi remoti, dall'Ottocento fino al boom economico del dopoguerra, che disvelano esigenze immortali, come il timore della calvizie, o fuggevoli, come la sepolta passione per la radioattività, delle generazioni dei soci CAI, così come mode dimenticate o prodotti tuttora esistenti. Dagli abbigliamenti che oggi ci paiono anacronistici come i gonnellini degli antichi Romani, ai prodotti energetici a base di foglie di coca. E poi le prime e sparute pubblicità dedicate al genere femminile, comparse molto in ritardo in una subcultura superomistica. E poi le prime sponsorizzazioni, come quella della spedizione sul K2. E poi i prodotti tecnologici che, allora come oggi, cercano di associarsi alla percezione positiva della natura. E poi i prodotti divenuti politicamente scorretti, come il tabacco o le ciminiere fumanti. E poi le sempiterne pozioni miracolose. E poi l'antenato della taurina della Red Bull. E poi il passaggio dalle gite con i mezzi publici all'auto privata. E poi i libri divenuti storici. E poi la geografia vintage.
Data la mia passione per la fotografia, ho collezionato molte inserzioni di macchine e prodotti fotografici dedicati agli alpinisti, che avevano bisogno di attrezzatura facilmente trasportabile: dai banchi ottici “compatti” di inizio Novecento, fino alle prime 24x36mm degli anni Trenta.
Ho tralasciato invece quelle dedicate all'attrezzatura montana che è rimasta più o meno immutata nel tempo, limitandosi a evolvere nei materiali o nella tecnologia.
Un sociologo o uno storico potrebbero scriverci dei libri, che probabilmente già si trovano, su qualche scaffale. Io mi limito a proporre una carrellata di immagini, scelte arbritrarimente in base alla mia sensibilità e ai miei interessi.