Appunti su Stroppo
Val Maira
La val Maira è la più disastrata e la più intatta delle valli del cuneeseN. Revelli, 1985
ma passato il rivo Buissino, che segna il limite del territorio di S Damiano con quello di Lottulo, [la val Maira] manifestasi in tutta la sua orridezza, restringendosi in un angusta gola tagliata fra nude ed ispide roccie, che ora s'innalzano in vette inaccessibili, ora si avvallano in profondissimi burroniG. Casalis, 1842
Grilli
La compagnia dei grilli non vale la sua, ma una veglia senza utilità sotto le stelle supera cento notti di sonno ristoratore, in vista di giorni colmi di senso
Don't you know
that is true
that for me and for you
the world is a ghetto
Stelle e campanili
Ero salito per fotografare le stelle cadenti, ma il sensore non ha catturata nessuna. È rimasta però impressa l'ombra dei due campanili di San Peyre nel cielo.
Un'imprevedibile notte d'autunno
Ma dove accidenti si nasconde questa cometa? Mi sembrava di aver ben capito quale costellazione adottare come riferimento, ma né il binocolo né la fotocamera la fanno saltare fuori. Eppure non mi risulta che sia esplosa per le forze di marea… E le stelle cadenti? Ne vedo un po' più di una manciata, anche nette e luminose, ma in tre ore nemmeno una impressiona il sensore. Tutto finisce precocemente alle 3, quando le velature calano la cortina sugli astri.
Poco male, non la riterrò una notte fallimentare: non di sole foto vive l'uomo.
Dopo che al principio il cielo poco a poco si è sgombrato contro ogni vaticinio, come lo farà la mente alla fine, mi immergo nello zazen dell'infinito buio senza luna, senza mondo esterno che non siano margini indistinti, ma con molti pensieri. Spremo la contemplazione fino all'ultima goccia di sudore, nel senso inafferrabile di felicità. Sulla via del rientro, incontro due volpi e frango onde di nebbia, finché le lacrime di gioia ripagano abbondantemente l'insonnia e l'umidità notturna.
Avrò tempo per recuperare il sonno perduto quando sarò morto: nell'attesa, meglio vivere.
Ubac
Ubac (dal latino opacus, ombroso, ma anche opacum, luogo tenebroso) è il termine con cui nelle valli occitane italiane è designato il versante rivolto a nord, scarsamente soleggiato. A causa dell'infelice esposizione, la stanzialità umana era diradata ed era invece mantenuto a bosco, come riserva di legname con la duplice funzione di materiale da costruzione e di combustibile. Nelle zone prealpine, a clima sub-oceanico piovoso, l'essenza più diffusa è il faggio, a volte in coabitazione con l'abete bianco e con la presenza più sporadica di altre specie. In passato i montanari hanno favorito la diffusione del primo a discapito degli altri, in quanto era la legna più adatta a divenire combustibile (a volte sotto forma di carbone).
Oggi, venuta meno l'economia di sussistenza, nelle zone precedentemente tenute a bosco, le piante sono libere di crescere e di evolvere in esemplari anche imponenti. Le zone che erano tenute a coltivazione e a pascolo sono riprese da una vegetazione di transizione, che si presenta caotica, paradosslamente più simile a una foresta vetusta non sfruttata, se non fosse per la ridotta dimensione degli alberi.
Queste foto sono state scattate su un ubac molto scosceso della media val Maira, nelle Alpi Cozie, tra gli abitati di Bassura, Aramola e Marmora. Si tratta di un punto in cui la valle si restringe e i fianchi sono molto ripidi, tanto che in passato si era anche pensato di costruirvi una diga. È un versante impervio dove le aree di pascolo e coltivazione erano marginali, anche nei momenti di massimo popolamento, mentre sono rimaste piazzole dei carbonai, a testimonianza della destinazione della zona a bosco coltivato.
Ho scelto l'atmosfera da me prediletta nei boschi, ovverosia giorni d'autunno di le nubi basse, dai colori accesi e i toni tenui, che proprio qui imparai ad amare durante un trek una decina di anni fa. Più passano gli anni, meno stimoli provo nel fotografare radiosi tramonti, ma non mi stanco mai di immergermi nell'umidità lancinante di una nebbia fitta o una pioggia sottile.
Non ho molte parole a disposizione per descrivere l'itinerario percorso più e più volte, con alterni risultati. Per me la nebbia dei boschi, magari insieme alla pioggia lieve, è un'esperienza percettiva e non verbale. Resto tutto il giorno solo, senza proferire parola e quasi senza elaborare pensieri, che non siano epifanie visive. È un'immersione molto intima; non potrei condividerla con altri escursionisti, che rifuggono queste atmosfere e certo non capirebbero perché rientrare alla base quando la perturbazione termina e finalmente il sole riprende a filtrare tra le nubi. Forse adoro la natura che repelle il turismo e si offre solo a me. Tuttavia magari è solo perché l'esperienza mi ha insegnato precocemente che con la nebbia è assai più facile fotografare che con il sole, specie in mezzo ai colori autunnali dei boschi.
Purtroppo nella mia città nebbia e pioggia sono fenomeni sempre più rari e la situazione andrà peggiorando, perché lunghe siccità e brevi piogge torrenziali saranno la norma. Dovrei forse emigrare in Norvegia o almeno in Scozia, Brexit permettendo, o ancor meglio tra le rovine di Zimbabwe, visto che prediligo il caldo al freddo.
E uscimmo a riveder le stelle
Mi mancava solo uno stereo con Aretha Franklin a squrciagola: «Freedom, freedom, oh oh oh freedom». Avevo poca voglia di rispettare il silenzio della notte.
Notte di stelle cadenti
Possibile che debbano venire in automobile fin qui, violando la sacralità del buio notturno? Non hanno le gambe per camminare cinque minuti dal paese? E devo pure andare a chiedere loro di spegnere i fari mentre sono fermi, altrimenti per almeno venti minuti avrebbero illuminato a giorno mezza facciata. Avranno buscato un mezzo infarto, sentendo bussare sul finestrino dal profondo di una notte senza luna.
La sera si annunciava già sfolgorante, nella luce del tardo pomeriggio a San Peyre, dove mi ero fermato un'ora a leggere, in attesa della luce.
Infine ad est sorge la luna e illumina prima il campanile, poi la navata laterale. Stavolta so già che a San Peyre dovrò fermarmi. È già scoccato il nuovo giorno, quando arrivo.
46/p Wirtanen
Della cometa neppure si vede la coda, in opposizione alla Terra. È solo un chiarore, che a malapena riesco a infililare in un angolino dell'inquadratura.
Aurora
Ho giusto qualche ricordo sbiadito, di questa fulgida mattina d'autunno.
Notte di luna e nuvole
La sera prima di Ferragosto c'è un certo trambusto in paese: il parcheggio è ingombro di auto e un vociare di festa proveniene dalle case. Si spegnerà presto, però. Persino all'imbocco della valle, il locale per trentenni, che fanno il filo alla dolce barista, chiude a mezzanotte. Qui poi.
Mi pare incredibile che alla chiesa non ci sia nemmeno una coppia di innamorati: sono talmente affascinato da questi posti nel chiarore lunare, che non comprendo perché nessuno approfitti della sera, per condividere con me questa passione. Solo i gridi della civetta e un raglio solitario mi terranno compagnia. I ragli, pure così domestici, mi sembrano sempre più lugubri dei versi di questo uccello delle tenebre.
Le mendaci app meteo mi fanno arrivare quando la luna e le stelle sono oscurate dalle nubi. La prima ora trascorre in un'inutile singola esposizione al cielo coperto. Solo dopo mezzanotte si apre a squarci e la luna illumina a brani la chiesa. Non ho ancora preso le misure per catturare il moto delle nuvole: quando penso di ottenerle congelate, vengono piacevolmente mosse, quando penso di ottenere strisciate, sbuffano eteree e inconsistenti. Poco dopo l'una si sono dissolte. È il momento di andarsene.
Le braccia si intrecciano alacri per superare i tornanti e le incessanti curve. All'uscita dal bosco, San Peyre nera, davanti alla luna che tramonta, è una visione da Friederich. Non ci devo pensare due volte a una sosta imprevista.
Finalmente a Roccabruna una volpe si fa ammirare a bordo strada. Proprio non mi andava di passare una notte di luna, vedendo solo due topini spaventati che risalivano la massicciata.
Notte senza luna
Non fa neppure freddo, anche se è quasi il solstizio d'inverno. Al pomeriggio un gatto si aggira tra le case sprangate; ancora la sera un'auto è parcheggiata sul piazzale, ma sono l'unica persona a spasso. I sommessi latrati dei cani provengono da altre frazioni oltre la valle.
La luce d'ingresso di una casa deserta si accende al mio passaggio, facendomi quasi sobbalzare. Fuori dal paese, il chiarore delle stelle basta per camminare lungo la strada bianca che attraversa il prato: la pila è superflua. La chiesa, per fortuna, è buia, altrimenti queste foto non sarebbero possibili. Mille fionde per mille fari!