Tête du Mont 1897 m

Valle di Champorcher

12 maggio


In un baleno

La mulattiera sale tra i terrazzamenti al margine del paese e poi si inerpica in una zona impervia, anche sfruttando le cenge naturali. Già in basso si nota la costruzione, sorprendente, se si pensa che tutto il lavoro serviva a colonizzare il minuscolo fazzoletto verde di Barmelle. Ma è verso i due terzi della salita che il tracciato diventa spettacolare: una scala a picco sulla valle, roccia modellata con la roccia

Goilli di Pourtset (Pozza del Porco)
Goilli di Pourtset (Pozza del Porco)

Diario di viaggio

Questo anello di mezza montagna unisce molte delle borgate poste a valle del capoluogo. Alcune non sono state raggiunte dalla strada, sono state abbandonate e si sono cristallizzate. Anche quelle accessibili in auto sono comunque rimaste fuori dallo sviluppo sciistico e hanno conservato un'architettura compatibile con quella tradizionale. Inoltre, si passa per una cima molto panoramica, da cui si abbracciano buona parte della valle principale e del vallone della Legna (o dell'Allegne) e da cui si apprezza l'interessante struttura geologica della zona.
L'anello può essere percorso nei due sensi. In senso antiorario, si supera subito quasi tutto il dislivello e poi l'escursione è una lunga discesa con qualche breve risalita. È sconsigliabile nelle giornate calde, perché buona parte della salita è al sole. In senso opposto, si sale fino a metà pomeriggio, dapprima gradualmente, con un'impennata prima della cima. Qui è descritta la prima opzione.

Si parte dal parcheggio al cartello che annuncia l'ingresso nel comune di Champorcher, tra due tornanti della strada. Per i resti della tsariri, la primitiva via di fondovalle, si raggiungono le case di Salleret e da qui il grosso condominio a monte del paese. Guardando verso nordest si riesce a intravedere la bianca chiesa di Barmelle, prima meta della giornata, mentre più in alto la rocciosa vetta. La mulattiera sale tra i terrazzamenti al margine del paese e poi si inerpica in una zona impervia, anche sfruttando le cenge naturali. Già in basso si nota la costruzione, sorprendente, se si pensa che tutto il lavoro serviva a colonizzare il minuscolo fazzoletto verde di Barmelle. Ma è verso i due terzi della salita che il tracciato diventa spettacolare: una scala a picco sulla valle, roccia modellata con la roccia.
Ancora uno strappo (il sentiero rimane sempre abbastanza ripido) e si raggiungono i terrazzamenti a valle della borgata. Due tornanti prima della case, sotto una tettoia si trova una sorgente, la cui acqua è raccolta da una vasca ricavata da un singolo blocco di pietra. Il primo edificio di Barmelle è una tipica casa alpina, con la stalla al piano terra e l'abitazione al di sopra. Dalla bianca chiesa lo sguardo comprende tutta la valle: una volta che si è capito dove guardare, il quadratino bianco è infatti identificabile da quasi ogni dove. Proprio di fonte, sul versante opposto, si riconosce la Borney, con la chiesa posta in alto a protezione fisica e scaramantica dalle valanghe. Invece il vallone della Legna di qui è un po' di sbieco: lo si vedrà meglio dalla vetta.

Il sentiero, segnalato su una losa verticale, riprende nei prati a monte delle case e si inoltra nel bosco. Si arrampica erto, percorrendo un versante boscoso, di larici, abeti rossi e pini silvestri. Una volta un sentiero si staccava da qui e si dirigeva direttamente a Grand Rosier; attraversava però una zona assai impervia e franosa, per cui è stato dimenticato. Le segnalazioni sono assenti, ma il sentiero, pur esile, è sempre sufficientemente tracciato. Senza mollare mai, la traccia raggiunge la dorsale, subito oltre la quale si stacca un sentiero che raggiunge la croce di vetta. Grande panorama sulla valle, il Rosa, il Cervino, la valle d'Ayas, le Dame di Challand, il monte Avic, la bassa valle con il castello di Verres e pure su un triangolino di pianura.
Da qui si nota anche la peculiare conformazione geologica della valle della Legna: le montagne sul versante destro sono dolci e arrotondate, mentre sul sinistro dirupate e fratturate, con grandi cumuli di detrito. Questo perché hanno origini diverse: le prime sono rocce metamorfiche della zona continentale africana, mentre le seconde sono rocce effusive di lava proveniente dal mantello, formatesi nella placca oceanica. Le prime sono dure, resistenti, ottime per costruire edifici, le seconde pessime per l'architettura e pure saponette appena piove un po'; in compenso sono piene di minerali pregiati. Per questo in valle sono sempre esistite miniere, coltivate in maniera più sistematica dal Seicento, quando i Savoia le sfruttarono a fini militari. In particolare ne esisteva una di ferro nei pressi del lago di Vercoche, il cui minerale veniva lavorato a Ourty. Il forno in cui la magnetite era ridotta a ferro è ancora in piedi: si trova oltre il torrente che scende dal lago.
Dalla vetta si ritorna sui propri passi, andando a intercettare il sentiero che scende ripido. Nei tratti più impervi scalini e corrimano metallici aiutano: su questo versante la montagna è ancora più scoscesa che su quello di salita. Dal colle di Pian Fenêtre, che mette in comunicazione la valle con Issogne, si prosegue in piano per un centinaio di metri, fino alla semplice chiesa di Sant'Anna, ottimo punto per il pranzo.

Dal colle si scende verso Grand Rosier, per una mulattiera di ottima costruzione. Prima dell'era dell'automobile, questi tracciati per i colli erano più importanti delle vie di fondovalle. In questo caso, poi, quest'ultima era particolarmente disagevole e pericolosa.
Grand Rosier conobbe il massimo popolamento tra Ottocento e Novecento, quando ai vantaggi della posizione solatia si accoppiò lo sfruttamento di una miniera di stagno e una piccola cava di talco. In quel periodo fu costruita la scuola, purtroppo crollata alcuni anni fa e di cui non resta che un mucchio di sassi e travi spezzate, al margine superiore del villaggio.
Si imbocca la strada e si seguono quindi le indicazioni per la Mare du Rosier, lo stagno formatosi nell'invaso artificiale che alimentava un antico mulino, ora scomparso. Le due frazioni non avevano un corso d'acqua e così si erano dovute ingegnare per fornire energia allo strategico edificio. Si prosegue in piano e poi in moderata discesa tra i terrazzamenti che il bosco ha riconquistato. Superata una piccola cava di talco esaurita, si incontra il ru Mellier, il principale ru di questa valle. Come i suoi omologhi, fu costruito nel tardo medioevo, quando il clima cominicva a peggiorare e andavano aumentando gli eventi estremi come le lunghe siccità, per raccogliere le acque dell'Ayasse e irrigare i prati di Mellier. Come si nota, i terrazzamenti sono invece posti al di sopra del canale e non beneficiano dell'irrigazione: i cereali come il grano e la segale, infatti, sono originari dell'odierna Turchia, una zona dal clima mediterraneo con estati secche, e sono quindi adattate all'aridità estiva.
Proseguendo in quota si passa a monte di Mellier e si finisce sulla strada principale. La si attraversa e si scende al di sotto, per andare infine a innestarsi sulla mulattiera che Vittorio Emanuele II aveva fatto costruire per raggiungere i suoi accampamenti di caccia a Dondena. Purtroppo è andata in rovina quando fu edificata la carrozzabile, negli anni Cinquanta del Novecento, che seguiva più o meno lo stesso tracciato. Alternandola con tratti di asfalto, si raggiunge Castello, il piccolo capoluogo di Champorcher, con la torre e la parrocchiale, su un cui muro alcune lapidi ricordano i religiosi legati al paese. Il più famoso è senz'altro l'abate Chanoux, che fu rettore dell'ospizio del Piccolo San Bernardo e fondatore del giardino botanico che porta il suo nome. Dal lato della chiesa affacciato sul torrente, si intravede la Pozza del Porco (Goilli di Pourtset in patois) che sarà raggiunta a breve.

Si prosegue lungo la strada verso monte, per poi oltrepassare il torrente nei pressi della pista di pattinaggio e dirigersi verso valle. Giunti in corrispondenza della chiesa, si lascia il sentiero per dirigersi verso il prato, da cui si accede a due punti di contemplazione del torrente. Salendo un po' si arriva ad un poggio con una staccionata da cui si vede una cascata precipitare in una marmitta vorticante. Scendendo al torrente a monte della cascata, ci si trova immersi in una gola profonda dove l'impeto del torrente, nel pieno del disgelo, è tale che ogni tanto si può sentire il terreno vibrare. Verso il tardo pomeriggio, la luce filtra come una lama e illumina gli spruzzi delle rapide, come in un romanzo di Tolkien. È il posto giusto per la pausa merenda.
Di qui si prosegue tralasciando il sentiero per le gole che scende ripido e seguendo invece quello che prosegue in quota verso l'alpe Porte, nel vallone della Legna. All'inizio si cammina per un lariceto cresciuto tra i massi, anche se gli alberi sono ancora spogli e non si gode il meglio della sua bellezza. Si aprono quindi alcuni scorci su Outre l'Eve, Mellier e la zona attraversata in precedenza. Nell'ultimo tratto la mulattiera consente di attraversare la pietraia di giganteschi blocchi precipitati dal Monpey, proprio mentre l'ultima luce del sole li lambisce. Si arriva così all'alpe Porte, diroccata, dietro cui cui meritano una visita due frassini monumentali.
Se si ha un po' di tempo, si può salire un tratto del vallone fino a Ourty, un pascolo molto ameno alla confluenza tra i torrenti che scendono da Sant'Antonio e dal lago di Vercoche. Se si viene d'estate, si può acquistare del formaggio e si può guadare il torrente per andare a vedere l'altoforno descritto in precedenza. Maggio, invece, non è la stagione dei guadi, perché i torrenti sono tutti in piena per la fusione della neve e gli alpeggi non sono stati ancora caricati.
Scendendo verso Outre l'Eve, si percorre una bella mulattiera tra prati e boschi. Arriviamo alla borgata proprio mentre l'ultima luce illumina la cappella affrescata e i ciliegi fioriti. È una corsa contro il tempo tirare fuori la macchina fotografica, cambiare lente, comporre e scattare. Dove riparte il sentiero, si vedono affiancati i due modelli di rascard, i granai: quello con i paletti con la losa che lo isolano dall'umidità e dai topi, a fianco di uno con la parte di legno appoggiata direttamente al muro di base.
Per una mulattiera di massi ricoperti da muschio, si cala al ponte sull'impetuoso torrente della Legna. Si attraversano quindi i ruderi di Borme, un villaggio che già nel catasto del 1770 risultava in via di abbandono, penso a causa del clima infelice, sul freddo e umido inverso. Scendendo ancora, tra i richiami dei caprioli nascosti nel bosco, si arriva a un ponte di legno su una gola dell'Ayasse. Qui è ancora più impressionante che nella Goilli di Pourtset. Si risale, si oltrepassa il ru Salleret, e si ritorna alla strada da cui si era partiti al mattino.

Per approfondire

M. Broglio (a cura di), La valle di Champorcher, Aosta 2002

Galleria fotografica

La mulattiera per Barmelle
La mulattiera per Barmelle
La mulattiera per Barmelle
La mulattiera per Barmelle
La mulattiera per Barmelle
La mulattiera per Barmelle
Barmelle
Barmelle
Panorama dalla Tête du Mont
Panorama dalla Tête du Mont
Sant
Sant'Anna al Pian Fenêtre
La mulattiera reale
La mulattiera reale
Torrente Ayasse e Bec Raty
Torrente Ayasse e Bec Raty
Goilli di Pourtset (Pozza del Porco)
Goilli di Pourtset (Pozza del Porco)

La pietraia
La pietraia
Outre l
Outre l'Eve
Cresta Vorea
Cresta Vorea
La Borme
La Borme

© 2008-2024
Sergio Chiappino

Licenza Creative Commons
Questo opera è distribuita con licenza Creative Commons Attribuzione - Non commerciale - Condividi allo stesso modo 3.0 Italia.