I calanchi di Montechiaro
Alto Monferrato
30 ottobre
In un baleno
Attraversata una zona di campi e costeggiata una casa diroccata, moderatamente spettrale, entriamo nella prima zona calanchiva. Già da un po' siamo scesi sotto l'inversione: nel grigio lucente del controluce nebbioso e delle marne spoglie, si fanno largo gli sfolgoranti addobbi di Halloween degli ornielli. Per terre nude e sdrucciolevoli caliamo nella valle del rio Torbo
Diario di viaggio
Non serve il termometro dell'auto che risale i tornanti, per capire che in basso c'è inversione termica e partire bardati, a dispetto dell'aria mite: basta osservare il mare di nebbia che si stende sotto di noi. Giù nel profondo delle valli, dove il sole è un ricordo dell'estate, ci saranno anche dieci gradi in meno che a Montechiaro Alta. Una vecchia ci saluta e ci chiede se facciamo il giro dei calanchi. Naturalmente sì. Risaliamo la scalinata fino alla chiesa e poi percorriamo la stradina accanto alle case medievali, molto più caratteristica del percorso segnalato che sale ai ruderi del castello. Scendiamo quindi verso la cascina dei mille cagnolini e imbocchiamo contromano il sentiero, che porta alla base del cocuzzolo su cui sorge il borgo medievale. In quel tempo era tanto importante che un crociato lasciò qui delle spine della corona di Gesù reperite in Terrasanta. Possedere delle reliquie di prestigio conferiva potere politico ai centri che se le accaparravano. Per questo esisteva una fiorente industria dedita alla loro produzione: molte reliquie, anche facenti riferimento a episodi di secoli prima, sono attestate solo da quell'epoca.
Il sentiero è a malapena tracciato, tra le folte ginestre ai margini di un calanco cintato. Raggiunta la strada, andiamo a intercettare il sentiero che sale da Montechiaro Piana. Attraversata una zona di campi e costeggiata una casa diroccata, moderatamente spettrale, entriamo nella prima zona calanchiva. Già da un po' siamo scesi sotto l'inversione: nel grigio lucente del controluce nebbioso e delle marne spoglie, si fanno largo gli sfolgoranti addobbi di Halloween degli ornielli. Per terre nude e sdrucciolevoli caliamo nella valle del rio Torbo.
Il rigagnolo serpeggia fangoso tra nude pareti di terra. “Grazie” alla perdurante siccità, che dura ormai da un anno, con radi intervalli piovosi, il fango del fondovalle umido è affrontabile, nonostante la stagione fredda e ombrosa. Ad un bivio rischiamo di seguire delle tacche che portano verso Turpino, nome che profuma di Medioevo. Invece il 573 va a destra e punta verso il crinale. Qui lo lasciamo e prendiamo la strada, da cui si stacca la pista che ci porta a Madonna delle Visitazione, una chiesa oggi isolata tra i calanchi, che fu parrocchiale fino al Cinquecento. Il primo documento storico che la cita è del 991. Non ci sono segnalazioni, né all'attacco della sterrata, né al bivio successivo, dove scopriamo a nostre spese che bisogna piegare a destra.
Stretti tra un nido di calabroni e marmoree cimici d'oriente, alla chiesa mangiamo un panino. Tornati alla strada, passiamo da Turpino e di lì proseguiamo sulla carrozzabile per Montechiaro fino alla ex-scuola, un bell'edificio con un balcone ad archi. Giriamo a destra per Malvicino e scendiamo per un tratto lungo l'asfalto, fino a incrociare nuovamente il 573, che imbocchiamo a sinistra. Segue un bel percorso nel bosco di querce e ornielli, sempre più aperto, che conduce a Punta Marelli. È il punto panoramico della gita, con tanto di tavola di orientamento. Due coppie, che hanno parcheggiato il fuoristrada a cinquanta metri, ci hanno anticipato. Una pausa contemplativa al sole mite è inevitabile.
Il tracciato prosegue ancora un po' sul crinale e poi s'inforra, con un tratto anche abbastanza sconnesso. Ci guizza davanti l'ombra di un capriolo, scampato al fiuto dei cani del cacciatore incontrato prima di scendere, oppure fuggito dal fracasso dei motociclisti, che ci hanno superato sempre lì e poi sono restati sul crinale. Dal fondovalle si elevano alcuni picchi di conglomerato. Ripreso a salire, facciamo la pausa merenda su un dosso roccioso, poco prima che il sole scompaia da queste profondità. Oltrepassato un crinale, risaliamo fino all'imbocco della strada per Turpino, dove riprendiamo il sentiero infrascato tra le ginestre.
A Montechiaro Alta troviamo nuovamente la signora del mattino, a cui raccontiamo le impressioni del nostro giro. Scendiamo a prendere un caffè al bar della stazione, dove purtroppo hanno finito la focaccia quasi unta, mezza piemontese e mezza ligure. Un volantino pubblicizza una cena per cacciatori, con quattro primi alla selvaggina e quattro secondi analoghi. Di fucili lungo il sentiero oggi ne abbiamo visti solo due, ma di spari ne abbiamo sentiti parecchi.