Colma di Vercio 1255 m
Val d'Ossola
3 maggio
In un baleno
Devo dire che durante la fioritura è quasi certamente il più bel posto che conosco, perché coniuga la bellezza del posto in sè con un panorama fantastico. È un gruppo di case sparse su un cocuzzolo ondulato che si distacca dalla ripida parete che discende dal Pizzo Faiè. È abitato da un eremita che cura i prati mantenendoli all'inglese, e che nel corso degli anni ha piantato molti cespugli di azalee, camelie e altro che in questa stagione fioriscono di colori infuocati. Il luogo trasmette un senso di pace paradisiaco, anche grazie al panorama a 180 gradi, che spazia dalla valle del Toce ai laghi. Piccoli e sottili verso l'orizzonte fanno capolino anche quelli di Monate e Varese
Diario di viaggio
Si parte da Bracchio, piccola frazione sopra Mergozzo, la cui popolazione ha la curiosa usanza di passare il tempo col sedere sul sedile di un'automobile. Infatti, nonostante la stretta stradina finisca lì, c'è un continuo andirivieni di auto, spesso di grosse dimensioni, che non so come facciano a passare negli angusti vicoli del paese. Ci sono auto parcheggiate fin quasi nel portico della chiesa (li ferma solo il gradino). Sono lumbard.
Attraversata la frazione, si imbocca una bella mulattiera in ottimo stato di manutenzione, che sale decisa nel bosco fitto. Il fondo è uno spettacolo, con tutte le pietre bene infisse nel terreno, senza neanche un sasso instabile, i gradini e gli scoli per l'acqua. Dopo circa mezz'ora di salita si giunge ad un edicola costruita presso un punto sgombro di vegetazione, da cui si ammira il panorama che accompagnerà l'escursionista per buona parte della gita: sulla sinistra il Lago Maggiore dietro il lago di Mergozzo, al centro il boscoso monte Orfano sovrastato dal Mottarone, Sulla destra la valle che conduce al lago d'Orta, visibile sullo sfondo, con il Toce che sembra dirigersi verso di esso, salvo poi svoltare all'improvviso verso il lago Maggiore.
Si riprende a salire e quasi subito si incontra una fonte di acqua fresca. Poi è la volta di un gruppo di baite presso un ruscello con delle cascate e infine si giunge a Vercio.
Devo dire che durante la fioritura è quasi certamente il più bel posto che conosco, perché coniuga la bellezza del posto in sè con un panorama fantastico. È un gruppo di case sparse su un cocuzzolo ondulato che si distacca dalla ripida parete che discende dal Pizzo Faiè. È abitato da un eremita che cura i prati mantenendoli all'inglese, e che nel corso degli anni ha piantato molti cespugli di azalee, camelie e altro che in questa stagione fioriscono di colori infuocati. Il luogo trasmette un senso di pace paradisiaco, anche grazie al panorama a 180 gradi, che spazia dalla valle del Toce ai laghi. Piccoli e sottili verso l'orizzonte fanno capolino anche quelli di Monate e Varese. Purtroppo c'è un po' di foschia.
Dopo aver gironzolato per l'alpe, bisogna salire verso la casa in alto dove c'è la vasca antincendio della Regione. Dietro l'edificio si imbocca il sentiero, marcato con tacche bianche e rosse, che sale verso la Colma di Vercio. Bisogna fare attenzione a non imboccare la traccia, marcata da segni rossi, che segue il percorso di un tubo per l'acqua. Si sale in fretta in un bosco di betulle che si fa via via più rado, lasciando quindi spazio al panorama che si ampia a mano a mano che si sale. Ad un certo punto sbuca la parete Est del Monte Rosa. Si giunge ad un traverso esposto che è il punto più panoramico della gita: si vedono bene cinque laghi, la val d'Ossola, il Montorfano e il Mottarone. Si riprende poi a salire per l'ultima rampa verso la Colma.
In cima ci si trova di fronte il muro di faggi del versante nord del Pizzo Faiè. Da questo colle dipartono diversi sentieri. Verso ovest in piano c'è quello che consente di fare la traversata dei Corni di Nibbio, fino alla Cima di Corte Lorenzo. Sempre verso ovest, ma in discesa, parte il sentiero che porta a Corte Buè, un alpeggio, posto di fronte a Velina, da cui si può ammirare la zona interna della Val Grande. Da Corte Buè si risale poi verso l'alpe Ompio per una comoda mulattiera. Ci sono due sentieri anche verso Est: il primo, in piano, punta diritto verso Caseracce, il secondo risale la cresta fino al Pizzo Faiè, da cui si può discendere a Caseracce sempre proseguendo per la cresta e poi voltando a sinistra giunti al bivio.
Facciamo una breve deviazione, seguendo il sentiero per Corte Lorenzo fino ad una colla. Si cammina sul versante della Val Grande per lo più in una fitta faggeta, ma ogni tanto si aprono squarci verso il Pedum o ci si affaccia sulla val d'Ossola. Si passa accanto a un varco che era stato costruito per la teleferica al tempo dei sistematici disboscamenti della val Grande. È un taglio largo meno di due metri e alto una decina, delimitato da due possenti muri in pietra, ora in parte crollati, che spezza per alcuni metri la cresta dei Corni.
Dalla colma imbocchiamo l'esile sentiero per Caseracce, che taglia le pendici settentrionali del Pizzo Faiè scendendo dolcemente. Caseracce è in una posizione magnifica, con vista sia sul Pedum che sul lago Maggiore. C'è una baita ristrutturata ed abitata per gran parte dell'anno, che è posta proprio sulla spalla più panoramica, che consente di godere di entrambe le viste. SI vede la Val Grande inoltrasi verso la sua zona più remta, quella percorsa dalla celebre traversata.
Da Caseracce si percorre un breve taglio a mezza costa e poi si scende ripidi lungo lo spartiacque tra le due valli, fino ad un punto in cui il sentiero piega a destra verso l'alpe Ompio. Quando ho percorso la prima volta questo tratto era dicembre e ho quasi nuotato nel mare di foglie secche accumulatesi, ma questa volta il nevoso inverno ne ha eliminato il grosso. In pochi minuti si scende al rifugio e di qui si prosegue per la comoda mulattiera fino alla strada asfaltata, dove si trova un cartello dietro un albero che indica il sentiero verso Vercio.
Si scende subito ripidi, poi si va in saliscendi attraversando varie case diroccate. Il sentiero è stretto, ma tracciato con grande cura e profusione di muretti a secco di sostegno. Tutto sommato questo è il tratto meno entusiasmante del giro. Se si trova un bella giornata, di pomeriggio c'è pure la concreta possibilità che dal basso risalga una sciroccosa corrente ascensionale, che non lo rende particolarmente gradevole. Poco prima di giungere all'eremo, si passa sotto una coppia di altissime betulle, che sopravvivono in un bosco fitto. Si sono adattate alla zona ombrosa salendo in alto e spogliandosi dei rami intermedi.
Lungo il percorso incrociamo un bel po' di gente che è andata a piedi da Ompio a Vercio e ora torna all'auto. Quando arriviamo, l'eremo è completamente deserto: ci siamo solo noi a godere della pace e della tranquillità. Le prime costruzioni che incrociamo sono delle case private che scatenano la nostra invidia per la vista mirabile sui laghi di cui godono. Tutte e tre le volte in cui sono passato di qui, al tardo pomeriggio la visibilità sul lago è migliorata sensibilmente, cosicché ci fermiamo nuovamente qui per goderci il posto e scattare foto ai fiori e al panorama.
Riprendiamo a scendere e in breve siamo a Bracchio, dove gli abitanti continuano ad andare su e giù per i vicoli con i loro macchinoni, nonostante sia ormai ora di cena. Se non altro una delle auto parcheggiate sul sagrato si è tolta dai piedi, permettendomi di scattare senza intrusi una foto alla chiesa illuminata dalla luce del tramonto.