Poggio Bustone-Rieti
Valle Santa
29 maggio
Diario di viaggio
Oggi tappa francescana. Non solo perché si visitano diversi luoghi legati alla maturità del poverello di Assisi, ma anche perché il percorso coincide con una tappa di ben due cammini francescani: Di qui passò Francesco e la Via (francigena) di Francesco. Sono più frequentati del cammino benedettino: in verso opposto vedrò arrivare vari pellegrini, tra cui un gruppone di tedeschi senza zaino, ma anche degli italiani.
Alle 6 mi unisco ad alcuni pinerolesi che salgono allo speco senza zaino, prima di colazione. Al nostro arrivo è ancora immerso nell'ombra, mentre la valle comincia appena a essere illuminata dal primo sole. Ci incuneiamo con deferenza nelle anguste cavità un cui il santo e i suoi discepoli vissero lontani dal mondo. Da un bivio poco prima di arrivarci, saliamo anche a una panoramica croce in ferro, da cui si può ammirare il convento dall'alto, sperduto in mezzo alle foreste.
Scendiamo in paese a fare colazione e, mentre loro fanno acquisti, li anticipo e parto. Uno stradello porta ai piedi del paese. Si vede che una volta c'erano terrazzamenti di ulivi, che oggi sembrano dimenticati. Procedo tra le querce, alcune delle quali sono assai imponenti, fino alla piccola frazione di San Liberato. Questo borgo, come del resto il suo capoluogo Cantalice e lo stesso Poggio Bustone, sono costruite sulle ultimi propaggini dei monti, subito prima essi spianino. Questo per due motivi: il primo era di non rubare terra fertile all'agricoltura, il secondo era la presenza di sorgenti in questa zona di confine.
Proseguo lungo un vecchio sentiero che univa la frazione e il capoluogo. Dai boschi soprastanti vi vedo scendere un uomo, che indossa un ampio gilet con molte tasche e porta in mano un bastone di legno, accompagnato da qualche cagnetto. Chiaramente un tartufaio. Quando ci incrociamo salutandoci, una cagna bianca sembra molto impaurita da me e si ritrae nonostante i richiami del padrone. Mi scosto arrampicandomi sul pendio a monte e allora lei guizza a tutta velocità sotto di me.
A Cantalice decido che è ora di un caffè. Peccato che al bar siano tutti presi dai preparativi per l'indomani, quando aspettano un gruppo di 120 persone, e a malapena si accorgono di me. Solo con un po' di pazienza riesco a ottenere un caffè triestino. Per scalinate salgo poi alla chiesa. Sono appena passati i festeggiamenti per il santo locale e ora sono in corso dei lavori. Non mi accorgo che il pavimento è bagnato e così ci lascio inavvertitamente un po' di impronte di fango. Tento una prima volta di salire alla torre, imboccando però la via sbagliata, ma alcuni locali mi indicano il vicolo giusto. All'ombra di un albero mi concedo una lunga pausa.
Mi raggiungono intanto i pinerolesi e proseguono. Da Cantalice seguo una stradina asfaltata, ma in cui non c'è il rischio di venire investiti. È molto panoramica sia sui monti che sulla conca di Rieti. Qui incrocio i numerosi pellegrini francescani, che la risalgono in senso opposto: su tutti un folto gruppo parrocchiale senza zaini, seguiti da una coppia giovane che trasporta del bagaglio su un carrettino da spesa al mercato. La strada va a finire contro la chiesa costruita dove c'è una fonte legata a un miracolo di San Felice da Cantalice. Naturalmente provo l'acqua, che anche senza miracoli è molto apprezzabile nel caldo della tarda mattinata.
Ho intanto raggiunto i pinerolesi e da qui alla Foresta sto insieme a loro. Scendiamo per una ripida sterrata, con fondo molto sconnesso, dove sono in corso dei lavori con delle ruspe che ingombrano tutta la strada, ma si passa lo stesso, strisciando tra i macchinari e i cespugli. Con una breve risalita, passando accanto a una casa che si presenta come poco amichevole, arriviamo al Santuario della Foresta, un altro luogo in cui ha vissuto san Francesco. Adesso è ora di pranzo e le visite sono sospese fino al primo pomeriggio.
Mi siedo a mangiare sui prati accanto al santuario, insieme ai pinerolesi. Socializziamo il nostro pranzo con qualche gatto, quale affamato, quale schizzinoso. Poi loro ripartono senza visitare la Foresta, perché stasera dormono dalle suore, prima di Rieti, e vogliono avere il tempo di visitare la città prima di cena. Io invece ci entro insieme a tre tedeschi che stanno andando a piedi da Firenze a Roma e hanno una credenziale stracolma di timbri. Il santuario è abitato da alcuni ragazzi con un passato difficile di dipendenze, che ora trascorrono qui un periodo della loro vita in attesa di essere pronti a riprendere i fili interrotti. Si mantengono, oltre che con le donazioni, lavorando i campi. Uno di essi ci guida alla scoperta dell'edificio, che ha un pregevole chiostro rinascimentale. Per sua fortuna oggi è insieme alla volontaria di un'associazione, che traduce le sue parole ai tedeschi. Come detto, qui ha vissuto san Francesco poco prima di morire; la grotta in cui si recava a pregare si è conservata.
Fino a Rieti il percorso è tutto sommato dimenticabile, su asfalto e poi per la periferia anonima, fino alle mura. Per trovare il B&B provo a inaugurare la guida vocale di Google Maps e mi perdo inesorabilmente tra i vicoli. Mi ci vorrà un giro serale senza guide per orientarmi nel centro storico. Percorro via Roma, la strada delle vasche, dove c'è una bella libreria dentro una chiesa sconsacrata, fino al ponte sul Velino. Lo chiamano ponte romano, anche se dell'originale sono visibili le fondazioni lì accanto, mentre la struttura è tutta moderna. Qualcuno ha parcheggiato in mezzo al ponte e ha creato un mega ingorgo di auto e un pullman, nonché di vari pedoni che si sono accalcati intorno per commentare la scena. Dal ponte e dal lungofiume c'è una bella veduta della città e, credo, del Terminillo. A cena finisco in una trattoria così così, ma poi trovo un'ottima gelateria artigianale.
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Sergio Chiappino
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