Corte-A Sega
Gorges du Tavignano
8 giugno
Diario di viaggio
La cittadella di Corte è spettacolare all'aurora, quando il primo sole la illumina, mentre la città è ancora immersa nell'ombra. Al mattino la città è deserta: nessuno gira per le strade, i bar sono chiusi, i marciapiedi sono sgombri di mercanzie. Come al solito nei momenti migliori la gente scompare.
Il sentiero parte sul retro della cittadella. È sicuramente la più bella mulattiera tra quelle percorse nel trekking, quasi una stradina. Si tratta evidentemente di un'importante via della transumanza, che mette in comunicazione le zone di bassa quota, dove si svernava, con i pascoli di alta montagna lungo la dorsale principale dell'isola. In questo tratto si osserva anche un cambiamento nella roccia: mentre nei primi giorni le rocce erano scisti, da qui in poi saranno di granito rosa, una delle attrattive dell'isola.
Il sentiero è molto frequentato in questo sabato: poca gente che val al rifugio, come noi, vari escursionisti di giornata che salgono fino alla passerella, molti locali in maglietta e scarpette che vanno su e giù di corsa. Il primo tratto è in ambiente aperto, con rarissimi ulivi e ginepri. Qui si vede la cittadella in ombra farsi sempre più piccola, finché con una svolta della valle la si saluta e si entra nel cuore delle gole. Picchi di granito, forme erosive, il torrente verde in basso: una meraviglia. Peccato che stia arrivando un fronte caldo, cosicché nel tratto più spettacolare il cielo è una poltiglia grigiastra, che rovina qualsiasi foto e mi trattiene dallo scattare.
Ad una svolta secca della valle la mulattiera scende verso la passerella, dove molta gente che fa la gita in giornata si ferma sulle spiagge, ai margini delle pozze.
Da qui la mulattiera sale di più, ma sempre con pendenza moderata e regolare. Il vero mutamento è nella vegetazione: si entra nel regno dei pini larici, i giganti dell'interno. Oggi e per i prossimi giorni saranno i veri signori del paesaggio. I punti con vista mozzafiato su gole e torrente si susseguono. Nel tratto superiore quest'ultimo è più copioso, perché una presa d'acqua per la diga di Calacuccia priva la zona bassa di una parte consistente del flusso.
Nei pressi di una cascata facciamo una pausa. Passa un toro timido che ci gira intorno sospettoso e prosegue per la sua strada. Oltre c'è un lungo piano, prevalentemente boschivo, e quindi il rifugio, oltre il torrente che si varca su una passerella.
Italiani e corsi fratelli di sangue: ce l'hanno ripetuto più volte in questi giorni. Infatti, la prima cosa che ci dicono è che il nome in corso ha lo stesso doppio senso che in italiano. La seconda è che il presidente del parco, con un cognome simile al mio, è stato recentemente ucciso in un agguato.
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Sergio Chiappino
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