Rieti-Rocca Sinibalda
Valle del Turano
30 maggio
Diario di viaggio
Una tappa di transizione, senza particolari attrattive lungo la strada, ma almeno un piacevole percorso in una valle verde. Peccato i 7 chilometri di asfalto, davvero una purga.
Dal ponte romano attraverso un borgo di vecchie casette affacciate direttamente sulla via, senza marciapiede. Seguono vari capannoni, il deposito giudiziario, il ponte della superstrada, un pastore maremmano molto affettuoso, lo stabilimento termale. Una pista nei prati, che varca il torrente su ponte pedonale, porta poi alla Salaria, che bisogna seguire per un paio di chilometri. Il sentiero sta all'esterno del viale di tigli, dentro cui corre la strada. Questo tratto è moderatamente affollato di escursionisti, che poi spariscono, perché deve essere ancora in comune con la Francigena di Francesco.
Alla fine del percorso pedonale, un po' di zig-zag nei prati portano a una pista sterrata che si inoltra nella valle del Turano. Corre ai margini del fondovalle, a fianco di pareti rocciose, che in un tratto lo scorso gennaio sono anche franate. Per questo la strada è chiusa al transito, anche dei pedoni, ma è stata ricavata una pista erbosa poco distante, dove si può passare. L'ambiente è molto agreste: boschi, prati con profumo di erba appena tagliata, campi di grano punteggiati di papaveri. Noto degli insetti a forma di libellula, ma molto più smilzi, di colore blu elettrico oppure marrone, che non avevo mai visto. Mi fermo a rimirarli un po' e rimpiango per l'unica volta di essere partito leggero, con un solo obiettivo, senza tele.
Faccio una pausa nel fresco nel bosco, sotto la strada. Sono appena passate le 10 ma già fa caldo. Mentre sbocconcello un pomodoro, da lontano sento il vociare dei pinerolesi e li vedo passare sopra di me. «Vi si sente da un chilometro.» «Sembri San Francesco che sbuca fuori da una tampa [trad.: buca]». Dopo un po' riparto e in breve sono all'acquedotto del Peschiera, dove finisce la sterrata. Qui bisogna attraversare una proprietà privata, come è chiaramente spiegato nella guida. Ma i pinerolesi seguono ciecamente il GPS, senza altri riferimenti, e così sono bloccati di fronte alla sbarra. Li rassicuro e passo per primo io, dopo che uno di loro me l'ha aperta a pedate.
Di qui, come già accennato, è un po' una purga, più mentale che fisica, specie da solo. Di solito preferisco stare concentrato su quello che mi circonda, ma ora non mi dispiacerebbe qualche chiacchierata su qualsiasi argomento, anche sulla valle di Susa. La strada non ha troppo traffico, ma è ampia e i motociclisti che la affrontano a tutta velocità non sono rassicuranti. Va detto che finora i tratti su asfalto sono stati minimi, per cui questo mi pesa parecchio, come d'altronde quello di ieri pomeriggio, ma da Mandela in alcune tappe diventeranno preponderanti e bisognerà abituarsi. Nel primo tratto passo accanto a un autodemolizioni e nei, pressi, ad una casa dove le portiere dell'auto sono tenute appese a un'asta, come dei panni stesi ad asciugare al sole. Dopo un po' provo ad accendere il GPS del cellulare, per capire quanto manca alla fine, ma la rete dati non prende, per cui non riesco a scaricare la mappa.
Finalmente una stradina porta fuori dalla strada principale, anche se c'è ancora un po' di asfalto, fino a poco oltre un laghetto attrezzato. La cosa che desidero di più in questo momento è mettere i piedi fumanti a mollo. Non appena vedo staccarsi una pista che sembra puntare al fiume, lascio il cammino e provo a seguirla; con mio sommo gaudio, attraversa il fiume per raggiungere un campo posto al di là. Mi tolgo calze e scarpe, avvolgo i pantaloni e faccio due passi nell'acqua fresca. Poi mi siedo sulla riva, sempre con i piedi a bagno.
Resto così ben più di un'ora, mangiando nel frattempo qualcosa e guardando i corvi volteggiare sopra di me. Se si sta fermi, gli animali si avvicinano di più: prima vedo risalire dal fiume alla riva una biscia verde, poi un calabrone viene a bere a mezzo metro da me.
Quando sono soddisfatto e rinfrancato, calzo nuovamente gli scarponi e vado a riprendere la sterrata. Rocca Sinibalda col castello svetta ben presto in alto, in cima al colle, ma solo per un breve istante. Segue un'immersione nel bosco, accanto al fiume, e poi una radura con costruzioni agricole, proprio sotto al borgo. Risalgo alcuni tornanti sotto un sole a picco, anche se l'aria è abbastanza secca e non patisco troppo. Queste assolate salite pomeridiane saranno il marchio di fabbrica dei prossimi giorni, quando la tappa si concluderà spesso in borghi medievali arroccati.
All'arrivo mi fermo a fare merenda nel primo bar che incontro. La locanda è proprio in fondo al paese, per cui lo percorro tutto con lo zaino in spalla. Il proprietario ha fatto un po' di confusione tra la mia stanza e quelle dei pinerolesi, che per questo stasera mi odieranno. Ma intanto una doccia fresca non me la leva nessuno. La sera ottimi prodotti tipici per cena e due passi per digerirli; incontro una volpe che è venuta in paese a cercare cibo.
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Sergio Chiappino
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