A Sega-Albertacce

Bocca a l'Arinella

9 giugno


Pioggia al lac de Calacuccia
Pioggia al lac de Calacuccia

Diario di viaggio

Quando mi sveglio, il cielo è azzurro. Quando suona l'ora concordata del risveglio, piove. Poi smette. Poi un ulteriore scroscio. Partiamo così, nell'incertezza su quello che ci riserverà il cielo. Le previsioni non sono favorevoli, ma ho notato che qui non piove mai troppo a lungo. Anche quando il cielo è basso, grigio e uniforme e sembra che non debba smettere per una settimana, si può essere quasi certi che uno squarcio di cielo azzurro non è poi così lontano nel tempo. Come del resto il successivo rovescio. L'unica cosa sensata è partire. Un'amica che ha provato il GR 20 mi ha detto invece che sulla dorsale ha trovato una giornata ininterrotta di pioggia.

La pioggia caduta nella notte ha trasformato il primo tratto quasi pianeggiante in una successione di ruscelli e acquitrini. Il bosco intorno al rifugio è senz'altro popolato da fate. Non riesco a immaginare altri abitanti possibili per la foresta di pini larici grondante acqua che attraversiamo. Dopo non molto comincia una salita regolare tra patriarchi di pini, che sfocia in un ambiente più aperto. Qui la specie più diffusa è il Pancratium Illyricum, una pianta della famiglia dei gigli endemica di Corsica, Sardegna e arcipelago toscano, a dispetto del nome. Abbiamo indovinato in pieno la stagione della fioritura. La vista si spinge all'alta valle del Tavignanu, dipinta a sprazzi dai raggi che filtrano dalle nubi. Sopra troviamo finalmente dei bei prati con delle mucche, che anticipano delle bergerie. Abbiamo intanto raggiungo la quota di un picco di granito liscio che avevamo doppiato ieri risalendo la valle. Ancora un breve tratto in salita e si raggiunge Bocca a l'Arinella, tetto del trekking. Da qui probabilmente si vedrebbero il Monte Cinto e altre cime dell'isola, ma oggi sono avvolte da uno strato compatto e denso di nuvole.
Si scende per una buona mulattiera. Nel primo tratto si trova un bel poggio panoramico da cui si dominano il lago artificiale di Calacuccia e l'intera valle, nonché la foresta del Cavallo Morto. Si scende quindi in mezzo ai pini larici, che ci danno protezione durante uno scroscio più intenso. Le rocce bagnate sono scivolose non tardano ad arrivare un paio di slittamenti quasi innocui.
Avvicinandosi al paese, la qualità del sentiero si degrada e ci imbattiamo anche in una discarica abusiva. Come al solito ci si domanda se non sia più semplice portare la roba all'ecocentro comunale (comunque si chiami qui), piuttosto che salire fin quassù per la sterrata.
Oltre la diga, da cui si vede un antico ponte in rovina, si segue la strada asfaltata fino a Calacuccia, dove ci concediamo il lusso di una birra a pranzo. Il sentiero scende verso il lago per poi risalire ad Albertacce, ma preferiamo seguire la strada per arrivare prima e fare un po' di lavanderia, approfittando di una schiarita e del vento. Non ci va poi così male, perché su un filo della luce troviamo appollaiato un upupa, il primo visto dal vivo in vita mia.

Galleria fotografica

Pini larici presso il refuge A Sega
Pini larici presso il refuge A Sega
Valle del Tavignanu
Valle del Tavignanu
Pino laricio
Pino laricio
Forêt du Cavallo Morto
Forêt du Cavallo Morto
Pioggia
Pioggia
Pioggia al lac de Calacuccia
Pioggia al lac de Calacuccia

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Sergio Chiappino

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