Lama Lite-Passo di Pradarena
Dirupo delle Porraie
7 settembre
Diario di viaggio
Tappa breve, poco faticosa, panoramica. Pernottamento in un albergo extralusso, almeno per le esigenze di un escursionista.
Dal rifugio torno a Lama Lite e imbocco la strada che scende verso ovest. La risalgono i fuoristrada dei cercatori di mirtilli, che riprendono l'opera di setacciatura sistematica dal punto in cui l'hanno lasciata il giorno precedente. Dal versante ovest vedo salire un gruppo di esagitati, che cammina e parla freneticamente, ansimando, con accento toscano. Li guida un vecchietto muscoloso in tuta aderente. Uno di loro, vedendomi con la macchina fotografica, socializza con me: mi parla di come una volta è stato impressionato dai grossi teleobiettivi (i cannoni, in gergo) e dagli scatti a raffica. Un genere di foto testosteronico, adatto al modo di andare in montagna di questa gente. In breve è però costretto a lasciarmi per non essere abbandonato dal gruppo, che è già schizzato via a doppia velocità.
Nei pressi del rifugio Bargetana si lascia la sterrata, per imboccare un sentiero che si inoltra nella faggeta. Qualche esemplare secolare punteggia il tragitto. Seguono tratti più spogli, di terreno rivestito dai soliti mirtilli e viste sul ripido versante sud del Cusna, col suo rettilineo limite artificiale della foresta.
Giunti sul crinale, si ha un bel colpo d'occhio sui dirupi dei Tre Canali, che già mi avevano colpito due giorni prima, quando li avevo visti dalla cima del Prado. Sono ripidi calanchi di detriti e erba, che visti dall'alto, nella loro verticalità, sono davvero impressionanti. Si avanza un po' sul lato toscano, si supera una cappella in pietra e si ritorna sul versante emiliano, da dove si vede bene il cocuzzolo dei Prati di Sara che si eleva dalla cresta del Cusna. Ben presto quest'ultimo scompare dalla vista, che è invece attratta dall'ampia e verdeggiante conca che culmina nel Monte di Soraggio e nel Sillano. Il sentiero ad un tratto è sbarrato da un masso; bisogna allora salire in cresta, da cui si gode un'impressionante veduta sui dirupi sottostanti.
Si torna a scendere, tagliando prati e passando presso una sorgente, attiva probabilmente grazie al temporale di ieri. Oggi è sabato e così incrocio più escursionisti del solito. Davanti a me vedo invece avanzare lento un mirtillaio, che procede barcollando sotto il peso della sua gerla colma. Attraversata una faggeta a magro fusto, si confluisce su una strada sterrata, dove un fuoristrada guidato da un ragazzo sta aspettando il mirtillaio, che ho quasi raggiunto. Questi tenta di sedersi sul bagagliaio aperto per sgravarsi del suo carico e, siccome l'altro non lo aiuta, lo ricopre di una buona dose di maledizioni. Quando li saluto condividiamo in tre un riso liberatorio.
Ora non resta che seguire più o meno fedelmente la stradina sino al passo. Lungo il percorso si trova un traliccio di metallo con alcuni anemometri. Sembra un impianto costruito per verificare se vale la pena di installare generatori eolici.
Arrivo all'albergo nel primo pomeriggio, quando il bar è affollato di motociclisti. Oltre che da questi, è frequentato anche dagli escursionisti a cavallo, grazie alle stalle a loro disposizione. La sera a cena ce ne sono due, padre e figlio; condividerò con loro un tratto della tappa del giorno dopo. L'albergo è sciccosissimo: mi sento quasi un alieno coi miei infangati e spartani indumenti da trekking, che ho timore ad appoggiare sulle sedie. Approfitto del caldo sole per lavare e asciugare un po' di biancheria, ma soprattutto me stesso: ne sento davvero il bisogno, dopo che per due giorni di sudate non ho potuto fare la doccia al Battisti, a causa della penuria d'acqua.
Sbrigati i doveri, faccio un giro ad ammirare il ricercato arredamento delle stanze libere e mi concedo un tè in una tazza di porcellana dipinta a motivi blu, come le cineserie di moda nel Settecento. Quasi scateno un incidente diplomatico con la compagna, quando porto al proprietario i saluti di Mascia del Battisti. La sera ascolto i ghiri rosicchiare e correre nel sottotetto.
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Sergio Chiappino
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