Orvinio-Mandela

Monti Lucretili

2 giugno


Orvinio, aurora
Orvinio, aurora

Diario di viaggio

Un'altra bella tappa di montagna, nel Parco dei Monti Lucretili, quasi tutta su piste e sentieri in mezzo ai boschi di querce.

Appena sveglio, quando metto il naso fuori dalla finestra, mi accorgo che la piana verso Pozzaglia è immersa nella nebbia. In preda alla frenesia fotografica, comincio con l'andare dove ieri sera ho fotografato il paese al tramonto. Poi cerco di fare mente locale per capire dove possa essere il piazzale panoramico, di cui mi hanno parlato ieri pomeriggio i due romani che dormono con noi. Per fortuna Orvinio è talmente piccola che mi basta andare nell'unica zona che ancora non ho visitato per finirci dentro. Rimbalzo come una trottola tra tutti gli scorci immortalabili, concedendomi una pausa per riflettere e respirare solo prima di premere il pulsante. E magari un attimo dopo per godermi lo spettacolo e avere qualche ricordo visivo reale, e non solo le immagini che vedrò davanti allo schermo del computer.
Torno alla base per le 6 precise, l'ora fissata per la colazione. Simonetta ci consegna il bucato che ci ha gentilmente fatto ieri e di cui ho approfittato ignobilmente per lavare tutto il lavabile. Partiamo di buon'ora e seguiamo la deviazione che la nostra ospite ci ha consigliato, perché imbocca subito il 308 anziché arrivarci per un breve tratto di asfalto. All'inizio il sentiero, in piano, è moderatamente infrascato e ha pure il fondo eroso dai motociclisti, che per fortuna a quest'ora sono ancora tra le braccia di Morfeo. Tra uno scorcio e l'altro sul santuario di Vallebono, allungo continuamente le mani all'indietro per tastare se le calze stese ad asciugare sono ancora lì o sono state strappate da qualche infido rovo.
Poi finalmente il tracciato si allarga in una piacevole sterrata nel querceto. Oggi i Lucretili sono un luogo ameno per camminare, ma quando fu istituito il Parco si dovette combattere a lungo con l'immondizia lasciata nei prati dai turisti incivili, con il degrado e l'abusivismo, che godevano di tolleranza se non di appoggi nelle istituzioni. Alla sterrata fa seguito un breve tratto di asfalto, che ben presto si lascia per imboccare un'altra pista sterrata. L'attacco non è per nulla tracciato, ma basta seguire meticolosamente le frecce gialle e cercare le tacche CAI biancorosse, per finire in cima a un dosso, dove ci si imbatte in una pista evidente. Mentre risaliamo il pendio, gli uccelli canori sembrano come darsi il cambio, mentre passiamo dal raggio d'azione di uno a quello del successivo. Anche i cuculi si fanno sentire. Bordeggiamo alcune radure dove pascolano delle chianine, spaventate dalla nostra presenza.
Lasciamo la pista varcando uno stretto cancelletto, dove i nostri voluminosi zaini strisciano sui montanti. Per prati invasi dai cespugli, arriviamo ad un rudere, dove imbocchiamo un sentiero nel bosco che scenderà fin quasi a Licenza. Di questo tratto ricordo solo che ansimavo per stare dietro a Flavio, che progettava di proseguire ben oltre Mandela e teneva di conseguenza un ritmo frizzante. A lui questo tratto è piaciuto, mentre io non ero abbastanza concentrato sul paesaggio per sbilanciarmi.

A Civitella il sentiero sbuca sulla strada, che bisogna seguire per un po', fino a Licenza. Prima però ci fermiamo a bere ad una fonte per rinfrescarci: siamo sì partiti presto, ma anche il sole e il caldo non sono restati a poltrire. Poi adesso stiamo scendendo di quota: anche senza leggere l'altimetro, basta fare caso all'uliveto che attraversiamo. Per le vie del paese sta girando la banda, perché è la festa della Repubblica. Vorremmo stare a sentire almeno un pezzo, ma arriviamo durante un momento di pausa. Ci facciamo spiegare dov'è la villa donata ad Orazio da Mecenate e scopriamo con piacere che il Cammino ci passa abbastanza vicino. I cartelli sono un po' latitanti, ma le persone a cui chiediamo rimediano alla lacuna.
Quando arriviamo sembra tutto chiuso, ma poi girando verso la zona posteriore per scattare una foto, un signore ci viene incontro: oggi il custode non c'è perché si è sentito male, ma lui lo sostituisce e ci aprirà il varco secondario. Stranezze italiane. Della villa sono rimaste giusto le fondamenta o poco più, perché nel Medioevo sarà stata abbondantemente utilizzata come cava di materiale da costruzione già bell'e pronto. Saliamo poi al Ninfeo degli Orsini, che nell'aspetto attuale è rinascimentale, ma probabilmente è stato edificato dove già c'era quello che Orazio cita nei suoi carmi. Mentre, nella sua frescura, ci concediamo la pausa pranzo, passano alcuni motociclisti che ci chiedono la strada per Orvinio: certo non possiamo loro indicare la nostra…

Tornati sul Cammino, ci tocca una cementata che sale ripida, sotto un sole a picco, che rende rovente l'aria e abbacinante il fondo bianco. Da qui si stacca un sentierino, sempre molto ben segnalato, che sale diretto, quasi verticale. È all'ombra, ma senza refrigerio. Sudo sette camicie e ansimo per stare dietro al passo incalzante di Flavio. Lui invece ha pure tanta acqua in corpo da fare pipì. La salita conduce a dei prati, da cui si imbocca una strada bianca in quota. Non appena arrivo in cima, prosciugo la borraccia, che avevo appena riempito al ninfeo.
Sulla strada abbiamo finito di sudare, ma il riverbero sui sassi di calcare è accecante e il sole non smette di seccarci. Camminiamo tra le ginestre fiorite, con qualche veduta sui borghi e sui monti circostanti. La discesa verso Mandela comincia costeggiando un agriturismo in prefabbricato, che ha l'aria di quei luoghi in cui la gente arriva in auto fin sotto al tavolo e si abbuffa a crepapelle illudendosi di stare in mezzo alla natura.
La strada si fa cementata e conduce a Mandela. Facciamo una breve pausa su una panchina e poi accompagno Flavio fino al bivio per la stazione, dove lo lascio proseguire fino a Gerano. Non è ancora un addio, perché domani sera ci vedremo a Santa Scolastica, dove lui si fermerà mezza giornata per visitare i monasteri. Io scendo ancora a Vicovaro, per vedere da fuori il monastero. Qui incontro un gentile malato di mente, che è incuriosito e invidioso del mio zaino, perché la sua malattia gli impedisce di allontanarsi a lungo da casa. Mi racconta che gli piace fare delle passeggiate fino al paese che si vede in cima al cocuzzolo, che lungo la strada aveva già attratto la mia attenzione. Mi dice anche il nome, ma purtroppo l'ho dimenticato.
Torno indietro fino al B&B, dove un litro di tè è appena sufficiente per reidratarmi. La sera faccio il signore con l'autista, perché l'addetto alle consegne del ristorante mi viene a prendere in automobile e mi riporta indietro dopo cena.

Galleria fotografica

Orvinio
Orvinio
Orvinio, alba
Orvinio, alba
Orvinio, aurora
Orvinio, aurora
Monti Lucretili
Monti Lucretili
Monti Lucretili
Monti Lucretili
Uliveto
Uliveto
Licenza
Licenza
Ninfeo degli Orsini
Ninfeo degli Orsini
Tra Licenza e Mandela
Tra Licenza e Mandela
Tra Licenza e Mandela
Tra Licenza e Mandela
Tra Licenza e Mandela
Tra Licenza e Mandela

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Sergio Chiappino

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