Santa Scolastica-Trevi nel Lazio
Monti Simbruini
5 giugno
Diario di viaggio
Una tappa tranquilla, che però si rivela più lunga del previsto, perché faccio tutte le deviazioni possibili: l'Aniene è davvero un pezzetto di Eden, che merita di essere apprezzato in ogni angolo. Sarà perché dalle mie parti fiumi così grandi in montagna non ce ne sono, però questo corso d'acqua mi ha stregato.
Prima di partire per questa tappa, mi concedo un giorno di pausa per visitare con tutta calma i monasteri di Santa Scolastica e del Sacro Speco. Il primo, il più antico dei monasteri fondati dallo stesso Benedetto, tra quelli sopravvissuti, è interessante per le complesse stratificazioni storiche che contiene: si va da pezzi della villa di Nerone fino alla chiesa neoclassica. Molto belli anche i libri antichi nel museo della biblioteca. Mentre aspetto la visita guidata, chiacchiero con il monaco che mi vende i prodotti erboristici per la mamma e mi timbra la credenziale. Nei momenti liberi tra i clienti, sta preparando un'omelia. Vuole assolutamente che mi sposi e prolifichi, anche se non ho capito bene con chi dovrei farlo. Sono molto tentato dal rispondergli che ormai solo i gay credono ancora nel matrimonio, ma saggiamente mi trattengo.
Il Sacro Speco, invece, non è stato fondato da Benedetto, ma costruito successivamente attorno a una grotta in cui visse da eremita in gioventù. Oltre che per la posizione aggrappata alla montagna, merita la visita per gli affreschi medioevali e rinascimentali delle due chiese e delle cappelle. Tra questi, è compreso un ritratto di san Francesco affrescato quando venne pellegrino qui; è considerato il più somigliante tra tutti i dipinti che lo raffigurano. Vi salgo al mattino, per godermelo in solitudine, ma poi vi torno anche al pomeriggio per fotografarlo illuminato dal sole, anche se sfortunatamente in questa stagione non riceve la luce del tramonto.
Al mattino del secondo giorno, dopo una puntata al Sacro Speco senza zaino, parto presto. Ero salito anche perché speravo nel caffè della macchinetta, ma il locale è ancora chiuso. Percorro un tratto di strada fino all'imbocco del sentiero per il lago di san Benedetto. All'attacco del sentiero ci trovo un piccolo cumulo di spazzatura e persino lungo il fiume vedrò qualche bottiglia di plastica. Inoltre lungo la valle corre una linea ad alta tensione, i cui tralicci sono ben visibili qua e là lungo tutto il percorso di oggi, compreso il lago. Che è però un luogo da sogno. È davvero difficile resistere alla tentazione di un tuffo, ma anche la pace che si respira è già rigenerante. Non è naturale, perché fu fatto costruire da Nerone per favorire la sedimentazione: questo fiume era infatti la principale fonte d'acqua per Roma, ma aveva il difetto che talvolta s'intorbidava, al punto che le piscine limarie (le vasche di decantazione) poste a valle non erano sufficienti a depurarlo.
Risalito alla strada, continuo a seguirla. È asfaltata fino ad una struttura dell'ENEL, dopodiché è sterrata, a parte qualche tratto in cemento. In questo primo tratto mi sento stanco e demotivato. Sarà che dalla descrizione mi aspettavo una strada accanto al fiume, mentre questa corre più in alto e concede solo qualche raro accesso; sarà che ho patito il giorno di pausa e anche un po' di noia. Sarà che fa caldo e l'ombra non basta. Però ho bisogno di radunare tutte le energie mentali per trovare la forza di non fermarmi e tirare avanti. Oggi vedo poca gente: mi supera un signora di corsa, poi più avanti faranno lo stesso il fuoristrada di un pastore e quello dei guardiaparco.
Il maggiore centro di interesse, lungo questo tratto, è un mulino ristrutturato, in cui sono stati ricostruiti anche alcuni macchinari. Ci sono poi alcuni punti di accesso al fiume, che costano una discesa e una risalita, ma valgono lo sforzo. Dopo aver attraversato la strada, vale senz'altro la pena anche andare alla cascata di Trevi. Oltre al salto d'acqua e al laghetto, ci sono alcuni blocchi di età imperiale, perché Traiano aveva fatto spostare qui l'attacco dell'acquedotto, per ovviare a quei problemi di intorbidamento a cui avevo accennato. Dopo aver girovagato alla ricerca del posto migliore per fotografare la cascata, pasteggio sopra uno di questi blocchi imperiali. Il luogo è un'oasi di fresco e muschio e mi rivitalizza. Sono raggiunto da due coppie, che sono vestite da corridori ma non devono aver fatto tanta strada; si fermano appena un istante e poi scompaiono tornando da dove sono venuti.
Riguadagnato il percorso, salgo per un sentiero che dove spiana si perde un po', ma mi basta puntare alla cascina per finire sulla pista lungo la recinzione citata nella guida. Da qui seguo una strada asfaltata fino a Trevi. C'è un angolo delizioso, in un prato al cui centro scorre il fiume cristallino tra i salici. Vedo poi alcune capre sulla massicciata, intente a mangiare le ginestre.
La salita a Trevi avviene dal ponte sul fiume su una mulattiera storica, ma come altre simili un po' dimenticata. In paese visito la chiesa costruita attorno a una grotta di un eremita, dove mi colpiscono alcuni dipinti contemporanei che raffigurano dei chierici con gli occhiali da sole. La cripta dell'eremita è così angusta che con lo zaino quasi mi incastro. Al bar ascolto un po' i locali parlare: siamo in Ciociaria e l'accento si fa facendo più campano.
Tornato al ponte, devo sorbirmi una cementata sotto il sole per raggiungere l'albergo fuori paese, che apre solo per me. Il proprietario si dimentica di accendere la caldaia, ma, a parte il trauma del primo impatto, una doccia gelata mi rigenera.
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Sergio Chiappino
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