E Case-Cargese
Paomia
13 giugno
Diario di viaggio
Una tappa breve che ha il fulcro nella discesa al mare e la curiosità di una colonia greca.
A colazione il gestore ci fa assaggiare un miele prodotto da lui, molto amaro: scopriremo poi che viene fatto nella macchia mediterranea d'autunno, prevalentemente col corbezzolo. È fantastico: chi ama il miele amaro (castagno, tarassaco), deve assolutamente provarlo.
Si imbocca il sentiero poco sotto il rifugio e si procede in traverso nella macchia, che alterna zone fitte a spiazzi panoramici, da cui si possono ammirare le spiagge e le punte rocciose protese sul mare.. Si vedono nuvole basse poco sopra il mare, avanzare verso di noi ma dissolversi in fretta. C'è anche qualche scorcio verso l'interno. Segue una discesa ripidissima e anche abbastanza scivolosa per il terriccio secco che riveste il sentiero. Ci chiediamo se anche la salita che ci aspetta sarà così, e la risposta è sì. Superate delle bergeries, si imbocca una strada che con un paio di tornanti raggiunge il fondovalle e lo percorre per un lungo tratto. Si passa accanto a un allevamento di cani
Si lascia la strada per un sentiero che subito costeggia un bellissimo prato fiorito, dove ovviamente non pascola nessuna mucca, perché è tenuto cintato e come sotto una teca climatizzata, tanto è prezioso. Il sentiero sale assai ripido, ma per fortuna sotto una fitta copertura di lecci. Si costeggiando uliveti abbandonati. Li cataloghiamo come i secondi uliveti corsi, ma ci sbagliamo: questa zona intorno a Paomia, infatti, era popolata da coloni greci. Erano fuggiti dal Peloponneso all'arrivo dei Turchi, e dopo estenuanti trattative ottennero dalla Repubblica di Genova il permesso di insediarsi qui. Qui replicarono il modello economico della loro terra e si arricchirono, ma non ebbero vita facile, a causa della forte ostilità dei locali. Ad un certo punto furono anche costretti a rifugiarsi ad Ajaccio, da dove poi riuscirono a ritornare per stabilirsi a Cargese.
In cima alla salita si trova un menhir simile a quelli del sito archeologico di Filitosa. Sembra messo lì un po' per caso, senza nessuna segnalazione: non si capisce se sia originale o una riproduzione. Da qui si prende una mulattiera che segue la dorsale diretta a Cargese. Il panorama è quello visto al mattino, ma da più vicino: la baia sabbiosa, la punta con la torre, il picco rosso in lontananza. Il mare è magnifico.
La mulattiera, delimitata da muretti a secco, attraversa alcuni prati abbandonati e porta a Cargese, dove si ritrova il turismo di massa lasciato a Corte. Dopo una bella doccia fredda, scendiamo alla spiaggia e dopo cena passiamo la sera aspettando di vedere il sole tuffarsi nel mare.
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Sergio Chiappino
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