Capanne di Cosola-Antola
Monte Carmo
6 giugno
Diario di viaggio
Tappa di crinale, che si svolge in un'infinita successione di saliscendi in una stretta fascia altitudinale. Fino a Capanne di Carrega ci sono mancati i vasti panorami appenninici, a causa delle nubi che avvolgevano i monti, ma non per questo il tragitto è stato privo di interesse.
La mattina si presenta con nuvole basse e temperature fresche. Vediamo arrivare su un'automobile la banda disastri e mettersi a ruota dei lombardi, partiti una mezz'ora prima di noi e diretti a Torriglia. All'inizio, nella faggeta, c'è molto fango, mentre dove passiamo in ambiente più aperto, prativo, solo un po' di umido nell'erba alta. Ancora migliore è la situazione tra gli affioramenti rocciosi. La roccia, che ha già fatto capolino ieri dal Piano della Morra, sono i calcari del monte Antola, di colore bianco o blu, una delle rocce sedimentarie tipiche dll'Appennino. Ci accompagneranno fino a Camogli, dalla cui spiaggia se ne vede una bella falesia con gli strati corrugati dagli sforzi tettonici. Il resoconto della parte fino al monte Carmo può essere riassunta in poche parole: dossi erbosi e boscosi, con nuvole che si addensano e diradano a ritmo ieratico e frenetico. Ho un sogno ricorrente, in cui mi trovo di fronte un bel paesaggio, ma non riesco a fotografarlo, perché, non appena afferro la fotocamera, lo scenario cambia improvvisamente. Oggi questo sogno si materializzerà a più riprese. I dossi sono anche fioriti, specie di botton d'oro, una specie delle praterie di alta quota, vista già ieri dal Chiappo.
Se i lombardi ci precedono, alla partenza ci seguono per poi superarci tre britannici dall'inglese molto pulito, che ieri sera cenavano accanto a noi. La prima volta che ci appaiono (mai espressione fu più appropriata), sono ricoperti da tre mantelle candide che li fanno sembrare i fantasmi di un romanzo gotico, ambientato nella brughiera scozzese. Tra gli squarci di nubi, dal monte Cavalmurone vediamo prima Montaldo e Aie di Cosola, quindi dal monte Legnà Bogli, paese noto per i suoi canti e per essere la patria della famiglia Toscanini; è facilmente riconoscibile per la caratteristica chiesa a monte delle case. Le nuvole, che nascondono il paesaggio lontano, accrescono la sensazione di isolamento che queste frazioni trasmettono, e che le ha portate a spopolarsi anche più che borgate di altre zone di montagna. Oltre il Legnà il sentiero scende decisamente e va ad attraversare una zona di faggi di crinale dall'aspetto contorto e intricato, di caos puro, frutto dello scontro senza quartiere tra la spinta vitale della pianta e gli agenti atmosferici. Attraversiamo questa faggeta mentre è avvolta dalle nubi e posso pertanto portare trionfalmente a casa qualche scatto di nebbia. Prima del Poggio Rondino vediamo sul terreno parecchie tracce di vacche, di cui udiremo i campanacci più avanti.
Facciamo una prima sosta ai piedi di questa cima e qui ci sorpassano gli inglesi. Attraversiamo quindi un bosco fresco e buio. Superato il bivio per l'Alfeo, affrontiamo la breve ma erta rampa erbosa che ci porta in vetta al monte Carmo, dove ci fermiamo per il pranzo. Tra brezza, nebbia e squarci, ce ne stiamo ben coperti.
Dalla vetta proseguiamo verso sud, seguendo le bandierine nel prato, dirette al sentiero, che a zig-zag porta al crinale e scende a un bosco, naturalmente fangoso; anche stavolta dobbiamo camminare sui bordi della pista. Notiamo che alla sua sinistra c'è un profondo incavo, forse il vecchio sentiero abbandonato dopo la costruzione della carrozzabile: il solito delitto culturale a cui siamo abituati. Abbiamo lasciato il confine tra Piemonte ed Emilia e siamo entrati in Liguria, ma non vediamo palme né ombrelloni. Ci sembra anzi che il paesaggio non sia proprio mutato: l'immaginario turistico identifica la Liguria con il suo bagnasciuga e ignora che tutto il resto della regione è montuoso. Sbuchiamo sulla strada in corrispondenza dell'agriturismo Capanne di Carrega. Sulla guida ce n'è una foto con un passeggino nel porticato, mentre noi vediamo una bici senza rotelle: quanto crescono i bambini. Facciamo un tentativo di pietire un caffè, ma ci dicono che è chiuso.
Proseguiamo lungo la strada fino a trovare l'imbocco del sentiero diretto al monte Antola, sempre lungo il crinale. Descriviamo un'ampia curva in un grande prato, da cui ci appare il Carmo sgombro di nubi. Il tempo, infatti, va verso il bello. Lungo il sentiero ci sono diverse piante di Gentiana lutea in procinto di fiorire, mentre più avanti, nel bosco, ad un certo punto si avverte un penetrante odore di aglio selvatico. In qualche prato ci sono dei narcisi. Abbiamo tuttavia mancato le leggendarie fioriture di questa montagna. La maggiore visibilità ci offre vari scorci sulle valli sottostanti, a cominciare dai paesi di Propata e Caprile, ai nostri piedi. Tra i fitti boschi si intuiscono i vecchi terrazzamenti naturalizzati dall'abbandono. Troviamo una provvidenziale panca, che ci invita a una sosta. Senonché prende improvvisamente a soffiare un vento teso e gelido, che ci costringe a coprirci e ripartire il più presto possibile, per non avvizzirci per il freddo. Com'era venuto, altrettanto repentinamente cessa e il sole ci scalda per la prima volta nella giornata. Passiamo dal passo che prende il nome da tre croci, poste a memoria di persone sorprese da una terribile bufera invernale, comune su questa montagna esposta a tutti i venti.
Siamo quindi alla sella ai piedi della vetta, che raggiungiamo in breve. La visuale è discreta. Mi colpiscono in particolare le valli a nord, che precipitano boscose e impenetrabili, per l'abbandono che le ha inselvatichite a partire dal secondo dopoguerra. Non ci fermiamo molto, perché non vediamo l'ora di prenderci qualcosa di caldo al rifugio. Passiamo accanto alla cappella bianca, costruita in anni recenti dopo che quella ottocentesca era crollata, e poi al poco che resta dei vari edifici legati alla villeggiatura antolana: solo del rifugio Bensa è rimasta la struttura.
Arriviamo a monte del rifugio, dove c'è il recinto dei cavalli «da coccole» dei gestori e scendiamo per la pista. All'interno scopriamo che c'è scarsità di acqua, per problemi con le pompe che la sollevano dalle sorgenti a valle. Dovranno attivare il gruppo elettrogeno per alimentarle, perché con il tempo piovoso i pannelli solari fanno fatica a caricare le batterie. L'elettricista del gruppo coglie la palla al balzo per un lungo discorso con Silvia, la gestrice, su trifase, inverter e chi più ne ha più ne metta: lavorando in un ambiente maschile, non gli capita tutti i giorni che una giovane ragazza graziosa sia interessata a questi argomenti. La buona notizia è che abbiamo incoccato l'unico giorno privo di orde scolastiche, che in questa stagione lo infestano con torme di sciamannati trinciatimpani, a stento trattenuti dalle insegnanti. Oltre ai cavalli, al rifugio tengono due cani e un gattino pulcioso di nome Ondra, come l'arrampicatore Adam, che è una furia scatenata. Appesi ai muri ci sono cimeli della gloria passata, come la storica insegna del rifugio Musante, ormai arrugginita.
Prima di andare a dormire, aspetto che venga buio, per fare qualche foto al paesaggio stellato, approfittando del rasserenamento serale. La sera è più mite che ieri. Proverò anche ad alzarmi prima del mattino, dopo il sorgere dell'ultimo quarto di luna, ma sarò incatenato al letto dai compagni, che vogliono dormire in santa pace.
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Sergio Chiappino
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