Rif. Questa-Terme di Valdieri
Piano del Valasco
27 luglio
Diario di viaggio
Al mattino non mi alzo a scattare le foto dell'alba per non svegliare tutta la stanza. Mi accorgo che c'è cielo limpido perché la luce è già intensa prima del sorgere del sole, ma mi astengo anche perché la mi macchina fotografica non ha abbastanza grandangolare per riprendere la scena che avrei in mente. Però poi mi pento perché più tardi riesco a trovare una bella inquadratura (la montagna di fronte al rifugio che si specchia nel lago blu e verde), che con il rosso dell'aurora sarebbe maestosa.
Mentre ci prepariamo a partire riceviamo una piacevole visita: sulle sponde del lago sta passeggiando uno stambecco maschio con due imponenti corna ricurve. È troppo lontano per essere fotografato, ma col binocolo riusciamo a vederlo bene.
Intanto al rifugio un tedesco molto ottimista o incosciente con due bimbi sotto i dieci anni discute col gestore un percorso da seguire. Lui ha progetti ambiziosi, tanto, dice, ha una corda con cui tirare su i piccoli (spero non per il collo), ma il gestore riesce a farlo scendere a più miti consigli e a mandarlo verso i laghi di Fremamorta. Invece noi abbiamo piani molto più rilassanti. Dobbiamo solo camminare per circa tre ore per scendere alle Terme a prendere il bus delle 18.15.
Dal rifugio in un quarto d'ora siamo al lago del Claus, probabilmente il lago più bello tra quelli visti nel giro. Ha una forma molto arzigogolata per via di una penisola che si addentra nello specchio d'acqua. Ha anche un isolotto. A monte è chiuso dalla Testa del Claus, che da qui sotto appare imponente. Quando sono venuto la prima volta, nelle zone umide sui bordi crescevano abbondanti gli eriofori, ma quest'anno sono spuntati per ora solo al Valasco per via della stagione in ritardo. Abbiamo un sacco di tempo a disposizione e ce lo prendiamo tutto per ammirare i rilessi dei monti nel lago, i fiori, le rocce rosse montonate, il blu del cielo che si specchia sulle acque, per fotografarci mentre ci specchiamo e anche per scattare qualche foto da imbecilli. Mai però come quei ragazzi che vanno a riprendersi a torso nudo su dei nevai crepacciati sulle sponde più ripide.
Dopo un'ora e mezza di pausa riprendiamo a camminare. Ora si percorre il tratto più spettacolare delle mulattiere militari di questa zona. Prima, in un traverso, una strada perfettamente liscia taglia la parete, poi serpeggia così liscia che si potrebbe passare con una bici da corsa in una pietraia di grossi massi rossi. Delle incisioni sui massi ricordano gli anni di costruzione, il 1904 e il 1905.
Proseguendo si scende al lago di Valscura. È in una zona più chiusa del lago precedente, ma col sole è comunque un bel posto (col cielo coperto invece mi era sembrato un po' tetro). Dal lago si dipartono diverse mulattiere che salgono verso la Francia e verso i laghi di Valrossa e il colle di Valmiana, in direzione del rifugio dante Livio Bianco, che può essere una tappa per chi decidesse di prolungare il trek di un giorno.
Dal lago si scende per una strada militare in cui si riconoscono interventi degli anni Trenta con cemento armato. Si procede con larghi tornanti. In corrispondenza di uno di essi vediamo sotto di noi un campanello di persone che fissano tutte lo stesso punto, segno evidente che c'è un animale. E infatti vediamo un camoscio, l'ultimo del trek. Più sotto, prima di una galleria, si può scegliere se proseguire lungo la strada o seguire la vecchia mulattiera. La seconda opzione è più comoda, perché la strada è franata in un paio di punti e al suo posto è stato tracciato un sentiero esposto su terreno franoso.
Dopo che le due vie si sono ricongiunte, si supera una copiosa cascata su un ponticello di legno e si arriva al bivio col sentiero diretto verso il rifugio Questa. Da qui, dopo tre giorni, si trova finalmente qualche breve tratto di ombra sotto i larici. Si scende al piano superiore del Valasco, separato dal piano più grande da un salto che il torrente supera con una cascata spettacolare. La si può ammirare salendo su una roccia piatta posta proprio sull'orlo del precipizio; la si raggiunge piegando a destra subito prima del ponte con il parapetto.
Scendiamo ancora un tratto e andiamo a mangiare sotto un gruppo di larici presso la turrita casa di caccia di Vittorio Emanuele II, che, dopo decenni di abbandono, da qualche anno è stata ristrutturata e adibita a rifugio.
Nel pianoro il torrente serpeggia placido, con poca acqua (credo che la maggior parte scorra sotto le pietre); a piedi nudi lo si può facilmente guadare per andarsi a sistemare in un posto tranquillo. Al fondo del pianoro l'acqua torna in superficie e supera un salto con un'altra cascata, meno verticale della precedente, ma altrettanto impetuosa.
Lo spettacolo a valle della cascata è desolante, perché una slavina provocata dalla nevicata eccezionale del dicembre 2008 ha raso al suolo la zona e ha accumulato molti tronchi attorno al letto del torrente. Si scende lungo la strada o, dove possibile, intercettando la vecchia mulattiera, che segue da vicino il torrente. In circa mezz'ora dal Valasco si torna alle Terme e alla civiltà.
Galleria fotografica
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Sergio Chiappino
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