Sentiero del Viandante
Quel ramo del Lago di Como
4 tappe
Presentazione
La città per stranieri al sud
«Questa creazione realizza infatti in modo ideale, perfetto, ogni desiderio di vacanza e natura dell'individuo metropolitano medio». Così Hermann Hesse nel 1925 descriveva il paesaggio dei laghi insubrici, che attraeva molti suoi connazionali in fuga dalle grigie città industriali mitteleuropee. Si era formato nei decenni precedenti e ancora si evolveva a loro beneficio. Alberghi, battelli, vele, giardini esotici, rovine pittoresche, vinerie, lungolaghi, borghi medievali, musica raffinata, eventi, mostre, allora come oggi compongono un mosaico di natura addomesticata e piegata a fini ricreativi.
L'unica cosa che è profondamente mutata è la scomparsa degli italiani folkloristici, i cui bambini giocavano a piedi nudi rincorrendo barattoli di latta. I loro discendenti si sono civilizzati e beneficiano dell'ambiente lacustre allo stesso modo degli stranieri: per loro sono state costruite miriadi di villette con garage e piscina, in continua espansione. L'elemento etnico è oggi rappresentato dal buon cibo italiano, che qui gli stranieri possono assaporare nella versione originale, anziché in quelle tarocche reperibili a casa loro.
Il Sentiero del Viandante attraversa questi ambienti, bordeggiando la riva orientale del lago di Como. In genere non si allontana troppo dalla riva, percorrendo ampie mulatttiere molto ben tenute. Contrariamente a quanto si potrebbe pensare, sono solo percorsi di interesse locale e non vie storiche di transito tra la Pianura Padana e l'Europa Centrale, a differenza delle Vie del Sale liguri, in quanto i commerci e i trasporti avvenivano prevalentamente via lago. A riprova di ciò, in epoca viscontea i dazi e le dogane si trovavano nei porti di imbarco e non sulla terraferma.
Gli escursionisti al nord e i nativi
Il trek itinerante si distingue dalla gita verso una cima, per il fatto che non c'è una meta da raggiungere, men che meno da conquistare, che diventa il fulcro dell'escursione: c'è invece un percorso da seguire con dei motivi di interesse, sparpagliati lungo tutto il tracciato. In questo caso tale filosofia è più vera che mai, perché gli spunti si susseguono molto densamente, certamente più che nell'alta montagna. Ci sono cime, paesi, vicoli, chiese, torri, ponti, orti, alpeggi, orridi, arilli, gesuoli, darsene, lungolaghi, vele, belvedere; ma anche tralicci, villette, garage, piscine, palazzacci, tubature, tutti degni di uno sguardo e di una riflessione. Abbiamo trascorso quasi più tempo fermi ad ammirare qualcosa o a gironzolare in tondo, che in marcia lungo il sentiero preposto.
Se da un lato la conquista delle vette e in genere gli sport atletici di montagna sono socialmente accettati e metabolizzati dalla cultura sedentaria, camminare per guardarsi intorno, per contemplare quello che il mondo ci offre, è invece un atto culturalmente eversivo, che scombussola le convinzioni della maggior parte delle persone, anche di quelle che sono abituate a relazionarsi con chi va in montagna. L'assalto vittorioso alla materia avversa, come se fossimo stati da essa provocati, di stampo nietzchiano, come del resto l'uso dell'ambiente come palcoscenico per esibizioni di bravura, è in sintonia con lo spirito competitivo da maschio alfa dei modelli culturali dominanti. Non a caso la lotta con l'alpe era in passato vista come un allenamento per la guerra e il CAI finanziato dall'apposito ministero: «nel regno della volontà non esistono distinzioni tra persone e cose» (G. Bachelard). Oggi quest'attività è stata esternalizzata, come molto altro del resto, ma l'atteggiamento viene migrato nelle imprese civili. Ricordo un manager che raccontava di leggere tutte le mattine un brano de “L'arte della guerra” di Sun Tzu. Le ragioni della riflessione contemplativa risultano pertanto inafferrabili ai più. Anche il resoconto è scritto così, bighellonando con i pensieri attorno alle impressioni del viaggio e a stimolanti letture da esso ispirate. Chi ha preso i tempi di percorrenza delle tappe che si leggono in giro, pensava invece a camminare a testa bassa e passo spedito, come se avesse dovuto prendere l'ultimo treno, a giudicare dal confronto tra i nostri tempi e i loro.
Approfittando dell'elevata densità antropica, abbiamo anche scelto di non accontentarci di un ascetico panino, ma di sederci ogni giorno a un tavolo e mangiare un piatto caldo nei ristoranti, che abbiamo sempre incontrato intorno a metà percorso. Nel caso di Ortanella, oltre al vero pasto della giornata, abbiamo anche rimediato delle utili indicazioni per una variante più panoramica del percorso segnalato. Abbiamo infatti notato che alcuni abitanti sanno dell'esistenza di questo percorso e possono fornire indicazioni utili. Non è una cosa ovvia, perché ben pochi italiani camminano. Frequentando luoghi fuori dai circuiti escursionistici più canonici, ho notato che di solito le persone del posto non conoscono i sentieri, ma solo le strade per le auto, anche se sono nati e vissuti lì. Anche qui naturalmente quelli che parcheggiano in divieto, pur di non percorrere venti metri a piedi, sono la maggioranza; nel resoconto troverete le mie impressioni incredule su di loro e sull'urbanizzazione progettata a loro beneficio.
Per approfondire
- G. Bachelard, Psicanalisi delle acque, Milano 2006
- C. Ferrata, La fabbricazione del paesaggio dei laghi, Bellinzona 2008
- A. Fogazzaro, Malombra, Milano 1984
- H. Hesse, Racconti, Milano 1982
- A. Marcarini, Il sentiero del Viandante, Sondrio 2005
- M. Parrino, ‘L'orrida magnificenza del luogo’, Gothic Studies, Volume 16 No. 1, maggio 2014
- C. Ferrata, La fabbricazione del paesaggio dei laghi, Bellinzona 2008