Rhêmes-Notre-Dame - Epée damon

Fenȇtre de Torrent

16 luglio


Salita alla Fenêtre de Torrent
Salita alla Fenêtre de Torrent

Diario di viaggio

La tappa di oggi è decisamente più breve delle precedenti, ma salita non va sottovalutata. Si snoda infatti in un vallone ripidissimo, su terreno a volte sdrucciolevole, tanto da richiedere anche un breve tratto di corda fissa. I pendii di salita sono molto meno ameni che quelli dei giorni precedenti, ma hanno un fascino oscuro, da paradiso della slavina.

Al mattino presto faccio due passi per fotografare il paese, mentre l'aurora indora le cime. Poi torno tra le lenzuola, tanto la tappa di oggi è breve. Alla partenza trovo la coppia di danesi vista al col Lauson. Il ginocchio di lei ha fatto cilecca e ora stanno visitando le valli in automobile. Dal momento che è domenica, al parcheggio parecchia gente si sta preparando a partire, ma pochi faranno la mia strada, perché il vallone di ieri è decisamente più attraente. Una pista sterrata, che presto diventa sentiero, costeggia un torrente dove sono state costruite tante cascatelle artificiali, per ridurre la furia delle piene. Una marmotta mi scorge e si rifugia tra i massi della sponda.
La guida definisce «scabro valloncello» quello dove mi sto incuneando. È assai ripido e profondamente inciso dal torrente. Il sentiero guadagna rapidamente quota con secchi tornanti, tra terrazzamenti per la segale. La vista sulla conca di Rhêmes si fa sempre più ampia e ne apprezzo il fascino. Non vedo invece il percorso di ieri, nascosto dietro una dorsale. Ci sono diversi gruppi di epliobi, sempre più minuti al crescere della quota. Superato il gradino vallivo, entro nella valle sospesa, profondamente incisa dall'erosione del torrente, che forma delle cascate. Già vedo il casotto dei guardacaccia della riserva privata dei Rossi di Montelera, addossato a un masso per proteggerlo dalle slavine. Il vallone è infatti profondamente incassato e i suoi spogli pendii non oppongono alcuna resistenza alla furia della neve. Un traverso in ascesa porta al margine della valle sospesa, dove ci sono il casotto e l'alpe Torrent. Un punto del sentiero è franato ed è stato approntato un tracciato alternativo, che scavalca il punto critico. Noto delle formiche che hanno catturato un bruco e lo stanno mangiando.
Una marmotta fugge al mio arrivo all'alpe. È stata scavata sottoterra; su una pietra è inciso l'anno 1849, ma in tempi recenti la copertura è stata poi rifatta in cemento. Questo non ne ha scongiurato l'abbandono, a causa dello scomodo accesso e dell'esiguità dei pascoli. La stalla è minuscola e non c'è un locale adatto a fare il formaggio, per cui penso che qui portassero delle pecore da lana e carne. Nel prato è ancora ben visibile il ru che conduceva l'acqua dal torrente, che ha la tipica torbidità e il tipico colore glaciale. Infatti più a monte c'è un piccolo ghiacciaio residuo, che però non vedrò mai. Un farfalla verde, con il bordo della ali di magenta, si posa sul mio braccio e succhia la mia crema solare con la sua proboscide: bleah! Io invece mangio una tabacchiera acquistata all'alimentari di Rhêmes.

Da qui già si vede il colle, in cima a un canalone ripidissimo, al cui centro c'è una colata di terreno franato. Incrocio degli escursionisti che scendono, tra cui un bambino che mi vende degli stambecchi in cima, che invece non vedrò. La salita è a tornanti strettissimi, come per una ciaspolata in un pendio pericoloso. Il colatoio spinge contro la parete di roccia il prato praticabile; in un tratto scivoloso c'è un tratto di corda fissa fissata alle rocce. Il sentiero attraversa poi la frana, in corrispondenza di un nevaio ripido. Il punto di attraversamento più sicuro è sotto la traccia, per cui dopo tocca risalire dritti sul terreno scivoloso. Il sentiero torna poi più marcato e migliora ancora quando ritrovo dei prati, dove crescono anche dell'Adenostyles e della vegetazione nitrofila tra le pietre, dove si accumulano e si degradano i detriti organici.
In cima mi fermo un bel po'. All'inizio spira una brezza fresca, tanto da consigliarmi la giacca, ma poi la temperatura si mitiga. Dalla Valgrisenche sale un corridore che cerca di farsi un selfie con il cippo; mi offro allora di scattargli una foto. Compiuto il dovere, riparte subito. Dalla cima si apprezza tutto il vallone di salita, davvero molto incassato e impervio. Salito in un giorno con le nuvole basse dev'essere oppressivo, ma con la bella giornata di oggi non è sgradevole. Sullo sfondo vedo per l'ultima volta il Gran Paradiso, mentre sul versante di discesa troneggiano il Rutor e, discosto, il Bianco. Di là c'è meno prato e più macereto che in salita, costituito da detrito medio piccolo; si vede anche quella che sembra una morena laterale della Piccola Era Glaciale, non vegetata. C'è un modo molto semplice per distinguere una morena dal detrito di falda: nel secondo, la dimensione delle rocce è più o meno uniforme, mentre nella prima ci sono rocce di tutte le dimensioni. Anche al colle non ci sono che pochi ciuffi d'erba e piante a cuscinetto nelle zone al riparo dal vento. Oltre il macereto c'è un bel ripiano erboso che termina con un gradino sulla valle sottostante.

La discesa è molto più graduale della salita e il sentiero è sempre ben tracciato. Nel primo tratto, incrocio un signore che sale e mi chiede in che condizioni è. L'anno scorso sua moglie si ruppe due costole sull'altro versante. Su un masso vedo un'indicazione per la Becca di Tey. L'ambiente di salita non è dei più invitanti. I dossi erbosi sottostanti sono molto ameni. Si tratta di un pianoro glaciale ricoperto dai coni di deiezione, successivamente vegetati. Invita a una pausa, nonostante sia appena ripartito. Scatto anche qualche foto con il cellulare, per le cartoline serali. Noto che sopra a quella che mi sembrava una morena c'è un circo glaciale, in effetti; al solito il ghiacciaio si è ormai moltissimo ritirato.
Al ciglio del prato arriva una sterrata, che seguo in discesa. Il rifugio è poco sotto. Dopo di me arriva un gruppo di adolescenti guidati da un prete, che hanno fatto un trek di qualche giorno tra i rifugi e ora si trasferiranno nella valle di Gressoney, per salire sul Rosa. Sarà la loro prima esperienza su ghiacciaio. Dopo due giorni nello sprofondo della valle, finalmente sono in un luogo solatio, chiaro fino a tarda sera. La cucina è molto semplice, da rifugio, ma le porzioni sono così abbondanti che devolverò quasi tutta la mia fontina ai ragazzi. Dopo cena c'è la processione alla croce del rifugio per fotografare il tramonto.

Galleria fotografica

Rhêmes-Notre-Dame
Rhêmes-Notre-Dame
Rhêmes-Notre-Dame
Rhêmes-Notre-Dame
Casotto dei guardacaccia
Casotto dei guardacaccia
Fenêtre de Torrent
Fenêtre de Torrent
Salita alla Fenêtre de Torrent
Salita alla Fenêtre de Torrent
Vallon di Bouque
Vallon di Bouque
Vallon di Bouque
Vallon di Bouque
Tramonto a Epée
Tramonto a Epée
Chalet de l
Chalet de l'Epèe

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Sergio Chiappino

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