Atri-Colle Marmo
25 maggio
Diario di viaggio
Dopo colazione scendiamo per una bella strada che conduce verso la base delle colline, tra calanchi e coltivi. Raggiunto il punto più basso, prendiamo a salire tra vecchi casolari in rovina e individuiamo il B&B della sera prima, ormai lontano tra i calanchi. Verso la dorsale, alcuni contadini stanno piantando i pomodori nell'orto accanto a casa. Anche queste strade secondarie, che conducono solo alle case rurali, sono asfaltate dalla strada che corre sulla dorsale fino all'ultima casa abitata: viene da chiedersi se sarebbe un bene se qualcuno recuperasse i cascinali diroccati più in basso. Spesso poi queste strade sono sì asfaltate, ma trascurate, con porzioni franate o molto deteriorate. Poi una vecchia cavedagna che percorriamo è completamente invasa dalla vegetazione, libera solo quanto basta a far passare una persona.
Oggi, specie quando provo a fotografare qualche vista, comincio a notare una presenza incombente: i tralicci elettrici. Ce ne sono tantissimi, in ogni direzione, di ogni foggia. Una sera ce ne troveremo uno a due passi dal B&B, in mezzo al paese.
Quella odierna è una tappa molto panoramica, ma purtroppo il Gran Sasso, che dovrebbe comparire piccolo all'orizzonte, se ne sta nascosto tra le nubi: molto dense all'alba, si diradano a metà mattina, ma non dai monti.
Dopo una pausa nel negozio-ristoro di Villa Manzetti, dove ci riforniamo di acqua al rubinetto, perché anche oggi il clima è caldo, percorriamo una dorsale tra strade e piste sterrate. Si vedono ulivi in mezzo ai campi di grano, una combinazione non rara da queste parti. Ad un cascinale incontriamo un contadino che si stupisce del nostro viaggio a piedi. Costeggiamo una villa su un poggio, sontuosamente ristrutturata da un signore romano e siamo in vista di Cellino Attanasio, che oggi ci accompagnerà per un lungo tratto, perché gli gireremo tutto intorno passando sulla fila di colline adiacente alla sua.
Una ripida sterrata ci porta giù per la via più breve, fino ai piedi della collina. Un guado su un rio e ci inerpichiamo per un prato giallo, fino ad un casolare, dove facciamo una pausa tra gli incessanti latrati dei cani. La salita diventa poi più graduale fino a una cascina con gli animali, dove ci fermiamo per pranzare, attratti da un provvidenziale rubinetto. Socializziamo con i gentili padroni e i loro affettuosi cagnetti.
Saliamo a un poggio di ginestre fiorite, quindi continuiamo salire più ripidamente su una stradina. Ne troviamo un pezzo in parte franato. Attraversiamo una zona aperta con vista sul Monte Camicia che gioca a nascondino con le nuvole. Attorno alla cima c'è ancora tanta neve. Lasciamo l'asfalto per una pista erbosa, al cui accesso un cartello la vieta ai mezzi più pesanti di 7,5 t. La pista costeggia dei prati e poi si infila in un bosco (vediamo i primi faggi). Ad un certo punto è così infrascata che una persona ci passa a malapena. Io poi, che mi porto il treppiedi fotografico appeso allo zaino, mi incastro quasi ovunque. Il bosco termina e la pista sfocia in una strada. All'imbocco, anche qui un altro cartello di divieto ai mezzi superiori a 7,5 t. O gli abruzzesi hanno trattori molto compatti o di qui passano escursionisti tedeschi molto carichi.
Questo ultimo tratto di stradina che percorriamo verso l'agriturismo era in origine in terra battuta, perché non porta in nessun posto particolare, se non in qualche casa isolata. Ultimamente però è stata lo stesso allargata e asfaltata. Poi è in parte franata e non è stata riparata, ma la voragine è stata solo delimitata alla meno peggio con dei jersey di plastica.
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Sergio Chiappino
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