Rovere-Albe Vecchia
Monte Velino
31 maggio
Diario di viaggio
Oggi purtroppo è una tappa monca, perché non siamo riusciti a attraversare il gruppo del Velino, come era programmato. Nei giorni scorsi avevamo notato che sul versante nord c'è ancora troppa neve per poter salire in sicurezza; inoltre le previsioni meteo sono infauste e purtroppo si riveleranno attendibili.
Con gli scarponi ancora zuppi, saliamo all'altopiano di Pezza per una strada in una gradevole faggeta. Siamo tutti ben coperti. Uno spesso e compatto strato di nuvole aleggia poco sopra le nostre teste. I bollettini annunciano che non tarderanno a scaricarsi. Un timido sole bugiardo filtra fino a Rovere poco dopo la nostra partenza.
Ci affacciamo sul piano in un punto in cui c'è una moderna struttura ricettiva, costruita e mai utilizzata. Anche alcune cave deturpano il paesaggio. Al centro del piano pascola una mandria di mucche. Noi invece lo bordeggiamo e con una breve salita raggiungiamo il Vado del Ceraso, dove troneggia un imponente gruppo di faggi. Scendiamo per una pista sassosa molto erosa fino a un piano, dove appaiono in lontananza gli impianti sciistici del Monte Magnola. Proseguiamo fino a Ovindoli, di cui vediamo solo le strutture per gli sciatori, in tutta la tristezza e la desolazione della stagione sbagliata.
Imbocchiamo una pista che segue un acquedotto. È sabato, per cui incrociamo un gruppo di ciclisti del posto che si stupiscono del nostro cammino. Poi ci supera un fracassone gruppo di moto da cross. Intanto vediamo da lontano il borgo storico di Ovindoli, Celano col castello e la sottostante piana del Fucino. Le nuvole basse celano le pale eoliche che le fanno da corona. Su un poggio panoramico pascola un branco di cavalli bradi. Andando verso il Lazio questi incontri diventano sempre più frequenti. Dalla foresta del primo tratto passiamo in ambiente più aperto, tra giardini rocciosi fioriti, che tento invano di immortalare.
Intanto il cielo si fa sempre più nero e minaccioso. Comincia a sgocciolare proprio mentre passiamo accanto al rifugio CAI Fonte Tavoloni, chiuso, ma con un minuscolo e provvidenziale locale invernale. Ci stiamo giusti giusti. Cercando di non prenderci a gomitate, pranziamo e poi cerchiamo di occupare il tempo, mentre fuori si sta scatenando un nuovo temporale grandinigeno. Diamo fondo alle scorte di riserva, come una confezione gigante di Tronky, beviamo un po' del vino che dei generosi predecessori hanno lasciato qui, facciamo una colletta per il salvadanaio del ricovero, lasciamo un messaggio sul quaderno, leggiamo le voci della guida Touring su Alba Fucens e la battaglia di Tagliacozzo. Stavolta ci è andata molto meglio. Ogni tanto mettiamo il naso fuori, salvo scoprire che il peggio deve ancora passare.
Finalmente cessa di saettare, grandinare e quasi anche di piovere. Ci rimettiamo in marcia. Nuvoloni carichi ancora ci circondano e corrono per le valli: certe foto di oggi potrebbero essere spacciate per paesaggi scozzesi. Incrociamo un pastore di pecore con un gigante ombrello di legno, che se la ride dei nostri minuscoli cinesi. La strada è un po' rovinata, per cui non ci facciamo pregare di tagliare i tornanti. Termina ad una fonte. Seguono piste tra i prati fioriti, in un'ambiente ben preservato. Ad un quadrivio ci intersechiamo con due signore a spasso con due cagnetti. Il più piccolo, che non hai mai visto degli zainuti, si spaventa e esita a lungo a seguire le padrone. Ci facciamo da parte e lui saetta tremando all'inseguimento delle signore che da un po' lo chiamano da lontano.
Vediamo nuvole basse dirigersi verso di noi. Quando ci raggiungono, piove di nuovo, poi sempre più forte e pure di stravento. Costeggiamo una profonda valle nera a passo di trotto, pensando ormai solo più a una doccia o un tè caldi. Sbuchiamo sull'asfalto e per la strada saliamo ad Albe, evitando la programmata pista nell'erba fradicia. Sulla strada percorsa da torrenti un camioncino scalcagnato prende una curva come se volesse uscire di strada e venirci addosso. Ancora una volta zuppi arriviamo all'hotel, che condividiamo con dei motociclisti da tutta Italia. Il tè e la doccia caldi sono nostri.
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Sergio Chiappino
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