Cala Gonone-Cala Luna
Supramonte di Dorgali
13 aprile
Diario di viaggio
Al mattino conosciamo Paolo, guida escursionistica di Baunei, che ci accompagnerà in questo trek. Partiamo sotto un cielo grigio, ma per fortuna ha smesso di piovere e nel pomeriggio il cielo si aprirà. Il primo tratto corre lungo la spiaggia, dove il mare mosso dalle perturbazioni dei giorni precedenti si insinua nella spiaggia e tra le rocce, cosicché noi dobbiamo calcolare bene il tempi della risacca per non trovarci i piedi bagnati. Non sempre ce la caviamo.
Al termine della spiaggia saliamo su per un sentiero nella macchia mediterranea ed entriamo così in contatto con i colori e i profumi di questo ambiente. C'è il cisto bianco, dal profumo delicato, e la ginestra, i cui fiori gialli hanno uno dei profumi più inebrianti che conosca. La guida ci mostra un cespuglio di lentischio, dalle cui bacche si ricavava un olio amarissimo, detto “olio dei poveri”, usato sia come combustibile che a fini alimentari.
Il sentiero ci porta sulla strada per Cala Fuili, che dobbiamo seguire per un tratto. Nonostante si pasquetta, non passano quasi automobili, grazie al tempo piovoso del giorno precedente. Una delle attrattive di questo trek è senz'altro la possibilità di visitare luoghi affascinanti che ma che d'estate vengono “riminizzati” da folle che giungono coi barconi dalle vicine località turistiche. In questa stagione, invece, i luoghi sono quasi deserti e si mostrano nel loro primigenio fascino. Scoprirò che è un po' presto per fare il bagno, a meno di non avere una pelle da tedeschi, ma alla fine il bilancio è senza dubbio molto positivo.
Arriviamo così a Cala Fuili, una piccola spiaggia sassosa a forma di triangolo. Questa, come molte delle spiagge che vedremo, si trova nello sbocco a mare di una valle, detta codula, scavata nel calcare da un corso d'acqua. La codula di Fuili è molto spettacolare, perché presenta numerose strettoie e salti e richiede perciò attrezzatura alpinistica.
Dopo la spiaggia risaliamo per un sentiero che rimane sopra le scogliere di questo tratto di costa e offre pochi scorci sul mare sottostante, ma, in compenso ci fa vedere i primi ginepri, che vincono senz'altro la palma di pianta più contorta. I loro tronchi, infatti, sono letteralmente avvitati su se stessi, mentre i loro rami si intrecciano in un intrico inestricabile. Ne esistono di due specie, l'oxycedrus, dalle foglie lunghe e pungenti, e il phoenicea (o fenicio), dalle foglie più arrotondate. Il primo è diffuso in montagna, mentre il secondo a bassa quota. Pertanto in questo trek vedremo prevalentemente il secondo. La guida ci fa anche annusare un'altra pianta mediterranea, il camedrio maro: si sfregano delle foglie tra le mani e si aspira. L'effetto è quello che si otterrebbe mettendo in bocca dieci Fisherman's Friend: ci si sente il naso penetrare da un‘essenza balsamica, e poi si tossisce. Questa pianta veniva in effetti usata nella medicina popolare per liberare le vie respiratorie.
Dopo che si è passati accanto ad una piccola caverna (Grotta Odoana), il sentiero scende ripido e sconnesso tra rocce scivolose (c'è anche molto fango per le piogge del giorno precedente). Dopo altra macchia di arriva in vista di Cala Luna. Si vede una sottile striscia di sabbia stretta tra il mare e una pozza d'acqua, che va a finire contro una verticale parete calcarea. A monte della spiaggia vediamo una valle verdissima, la codula di Luna. Altra discesa e siamo al torrente, con i suoi oleandri, anche se purtroppo è presto per la fioritura. La maggior parte dell'anno è secco, mentre oggi è ingrossato per via delle piogge e dobbiamo toglierci gli scarponi e arrotolarci i pantaloni per guadarlo a piedi nudi, nell'acqua bella fresca che ci arriva quasi alle ginocchia. Fortuna che il fondo è sabbioso e si cammina bene.
Per arrivare a Cala Luna bisogna guadare il torrente un'altra volta. Passiamo in un punto a caso e troviamo subito il più profondo, che stavolta ci bagna le gambe fin sopra le ginocchia. Durante i periodi secchi questo tratto terminale del torrente si trasforma in uno stagno di acqua dolce. D'estate mettono un ponte per consentire a chi è arrivato in barca di raggiungere il ristorante, ma siamo fuori stagione.
Siamo così giunti alla famosa spiaggia di Cala Luna. Il nome viene dalla forma: una lunga e sottile linea arcuata di sabbia chiara, che per colore e forma assomiglia alla falce di luna.
Il posto migliore per apprezzarne la forma nella sua interezza è probabilmente la verticale parete calcarea che la chiude a sud-est, oppure le falesie che la stringono contro il mare sull'altro lato, ma poiché non ci sono salito, rimedio con un'immagine di Google Earth. Si vede la sottile spiaggia dapprima stretta tra il mare e lo stagno farsi ancor più sottile allorché corre tra la falesia e il mare. Questo tratto, quando ci sono andato, era stato quasi del tutto mangiato dalle mareggiate invernali e ancora quel dì il mare arrivava a lambire la parete e le caverne scavate in essa, dove poi avremmo dormito. Per cui per arrivarci dobbiamo mettere i piedi in acqua, che è bella fredda: e io che avevo portato il costume!
L'ora migliore per godere la spiaggia è il tardo pomeriggio, quando la maggior parte della gente se ne va e la parete, prima all'ombra, viene illuminata dalla calda luce del meriggio. Alla fine sulla spiaggia rimarremo solo noi e una trekker canadese solitaria che poi si unirà al nostro gruppo.
La sera mangiamo al ristorante di Cala Luna, aperto apposta per noi. Nel porticato ci accoglie un eloquente disegno: si vede la Sardegna cinta da una catena sul cui lucchetto c'è scritto WWF. Una persona in abito tradizionale sardo spezza il lucchetto, mentre una scritta grande recita “No al Parco!” (del Gennargentu). Come ci spiegherà la guida, in Sardegna esistono leggi scritte e leggi non scritte, e le prime sono le più importanti, quelle che prevalgono. In sostanza, mi sembra di aver capito che la gente di queste parti è abituata a gestire tutto da sé in base ai propri codici e ai rapporti personali, fregandosene delle imposizioni esterne. Un parco imporrebbe loro dei vincoli che toglierebbero loro l'autonomia. Peraltro amano la propria terra e fanno di tutto per conservarla così com‘è, senza devastarla: queste cale sono tutte tenute allo stato pristino, senza strutture invasive che le deturpano. Anzi odiano i “milanesi” che costruirebbero villette ovunque per valorizzarlo, perché i sardi amano il territorio anche se non c'è nulla.
Dopo cena andiamo a dormire nella grande caverna sulla spiaggia. Il guado è sempre più doloroso per il freddo, ma almeno abbiamo trovato un passaggio in cui l‘acqua è più bassa. La notte dormiamo cullati dal rombante infrangersi del mare a poca distanza da noi (uno sogna che ci ha invaso la caverna…) e il canto delle rondini che hanno qui il nido. Intorno all'una si alza una luna spettacolare che risplende proprio sopra la parete che chiude la spiaggia.
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Sergio Chiappino
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